Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA FONDO DANZETTA; DANZETTA (FAMIGLIA
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1973
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472
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472 Libri e periodici
clcsiastico. un richiamo allo ce sfoltimento tardoscllcccntesco operato dal Tron, un giù* dizio tutto sommato limitativo circa l'effettiva portata complessiva del provvedimento, qualche notizia (l'espatrio clandestino dai Gesuiti nel Titolo) ed alcuni dati (la concentrazione dell'acquisto in pochissime mani, in primo luogo Businelli e Fante con 225 mila lire complessive. Francesco Zaro con 170, Gaudenzio Zulin con 155, Antenore Marzotto con 90. il marchese Canossa con 75 mila), un eccellente quesito sulla provenienza di questo capitale dopo le taglie militari della seconda e terza guerra d'indipendenza, e connesse crisi serica e vinicola, un'altrettanto stimolante (ma di Ilici 1 issi ma) ipotesi di ricerca circa la destinazione colturale delle terre già dello Chiesa, ma, in ultima istanza, abbastanza poco in rapporto al a profondo disagio sociale (Chiecchi) in cui incorre una città cospicua come Verona dopo la liquidazione di un complesso militare, economico ed urbanistico così poderoso e singolare corno il Quadrilatero, a proposito del quale sarebbe desiderabile che non s'interrompessero gli studi dopo le manifestazioni centenarie, e che si allargassero anzi su ventaglio interdisciplinare latamente sociologico.
La parte del leone è fatta dunque ancora una volta dal Veneto del Brenta, da Padova e soprattutto da Vicenza, con sullo sfondo Treviso, ohe in questo convegno non è in verità esaminata particolarmente, ma l'ini ransigentismo inflessibile del cui vescovo Zinellì e della società rurale circostante, nella prospettiva soggiogatrice di papa Sarto, costituisce il risvolto polemico indispensabile, il retroterra contadino, per cosi dire, di tutti i discorsi cultura fistici e gli spunti organizzativi che s'intrecciano tra Vicenza e Padova (la comunicazione di Scarpa sul clero di Chioggia nel ventennio precedente Porta Pia delinea un ambiente asfittico e modestissimo, mentre 0 contributo della Rizzi sull'estremista Riccabona vescovo di Trento è pregevole, più che per i problemi prettamente filologici che pone, per l'atmosfera che richiamo, l'illuminalo liberalismo di Bcust agli esordi della Duplice Monarchia, e soprattutto la rigorosa querelle dottrinaria intorno a Rosmini, che è veramente una delle colonne portanti interpretative del convegno).
AI temporalismo e costituzionalismo quarantotteschi secondo giustizia sociale del Rosmini sono in realtà dedicate pagine appropriate dalla Nuda ri, benché oggi, nelle more di stampa del volume, superate da alcuni contributi assai robusti del Radice (si rileggono comunque con imprescindibile interesse gli spunti rosminiani al cardinale Castracene sulla resurrezione dell'impero cattolico germanico quale integrazione e Contrappeso per la libertà federativa d'Italia, nonché il fondamentale memorandum 15 giugno 1849 a Pio TX, cosi antidemocratico, antirivoluzionario, monarchico, assolutìstico, aristocratico, nella prospettiva paternalistica della giustizia , che meraviglia ohe si siano dovute attendere interpretazioni recentissime perché Rosmini cominciasse ad essere emarginato dal filone del cattolicesimo liberale, mentre si fa strada la convinzione, su cui ritorneremo, che il suo influsso riformistico e pressoché sovvertitore non soltanto sul clero veneto sia da riportarsi a matrici esse n/.i al mente religiose di anticurialismo antigesuitico assai più che non politiche).
Un contributo analogo, ma obiettivamente molto più marginale rispetto al tema del convegno, è quello dell'Anelli sull'antitemporalismo del Tommaseo, mentre infine il De Vivo compie un approccio assai intelligente, in ambito padovano, ad un problema stuzzicantissimo ben al di là dal pur ingente campo della questione romana, la mistificazione cioè dei fatti contemporanei a livello di educazione popolare, con la conclusione istruttiva circa una prospettiva conciliatoristica tra Stato e Chiesa nella sostanziale indifferenza delle moltitudini rispetto a tati problemi, e malgrado la norma rigidamente paternalistica e laicistica della legislazione e della prassi amministrativa a questo proposito.
Ed eccoci finalmente allo prolusione di Gabriele De Rosa, un discorso che in questi ultimi anni abbiamo sentito ripetere più vólto, ma che a Vicenza trova la suo più naturale e prestigiosa collocazione, il mancalo ammodernamento dell'agricoltura veneta in periodo francese (è proprio da una ricerca classico: in proposito conio quella veronese del Fasanari che una indagine del genere dovrebbe prendere le mosse per il Veneto e specificamente per la città scaligera), il richiamo d'obbligo aU'antltcmporaliamo di don Angelo Volpe così enfatizzato e documentato dal BrJguglio (ma sarà poi De Rosa stesso ad accantonarlo e quasi a liquidarlo bruscamente, con nn irrigidimento metodologico che è l'indice migliore della fecondità del convegno), la sottolineatura del neoguelfismo a in senso lato dì Tom-