Rassegna storica del Risorgimento

VITTORIO EMANUELE II RE D'ITALIA
anno <1973>   pagina <506>
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Renulo Giusti
gendu patriottica) al proclama di MoneaMeri, dal mantenimento dello sta­tuito al governo d'Azeglio e alle leggi Siccardt (1850), dal governo Cavour alla orisi Calabiana e alla guerra di Crimea, possiamo seguire attraverso la vori recenti, la politica personale del sovrano, il suo agire verso i ministri e il parlamento, gli omtrighi e gli interventi della corte, la questione dei rap­porti con Roma circa le leggi Siccardi e la legge per la soppressione delle corporazioni religiose.,J A tal proposilo anzi è da dire che, da questo mo­mento, Cavour ebbe la possibilità di sfruttare il fatto che un fossato proba­bilmente incolmabile divideva il sovrano scomunicato dai conservatori e dal partito clericale. Nel 1855, perciò, lo statuto aveva subito nella prassi un'ef­fettiva modificazione; a esercitare adesso il potere era in realtà il gabinetto, e si potrebbe affermare che il sovrano regnava ma non governava . ?J
Quel fatto insomma che, dopo i disastri del '49, sembrò dapprima non molto importante, andava producendo conseguenze decisive per la vita poli­tica italiana: il mantenere lo statuto in Piemonte, mentre in altri Stati era restaurato o aggravalo il dispotismo militare o burocratico, fu motivo sostan­ziale (insieme con altri eventi e circostanze favorevoli) pel futuro dell'Italia. Vittorio Emanuele, stando ad un giudizio del Salvemini del 1925, ne avrebbe fatto volentieri a meno, e non ebbe mai un'idea chiara della linea che divide un re assoluto da un re costituzionale. Ma non gli mancava un certo buonsensaedo, che lo sconsigliava dalle resistenze pericolose in attesa di tempi più propizi, che non venivano mai.
L'esercito, screditato dalle sconfitte del 184-8 e 1849, non offriva nes­sun appoggio solido a un colpo di Stato assolutista. Le classi medie non avreb­bero consentito a una restaurazione del regime dispotico, e anche una note­vole frazione della nobiltà era ormai liberale-moderata. Il governo non po­teva non essere costituzionale, cioè il re doveva scegliere come ministri uomini che fossero accetti alla maggioranza della Camera elettiva. Il nuovo re, dopo prove e riprove, chiamò al governo un ministero di nobili e di bor­ghesi liberali-moderati
Se l'onestà storica e scientifica del Salvemini si accompagnava sempre per quel che concerne il Risorgimento ad una vigorosa passione poli­tica di cui è indiscutibile testimonianza la quasi quotidiana battaglia pub­blicistica, il suo scrivere storia fin dal lontano 1899 (Le origini detta reazione) tendeva a sbarazzare il terreno da una serie di consapevoli e in-
0 Sa nlcuiii aspetti costituzionali e sul rapporti tra Stato e Chiesa in Piemonte cfr. ì recentissimi lavori di C. GIUSAI-UHIITI, Stato e costituzione nel Risorgimento, Milano, 1973; M. Coitili AH CORONA, Stato e Chiesa nella valutazioni dei poUtici sardi, 1848-1853, Milano, 1973.
2) D. MACH SMITH, Vittorio Emanuele li (ili., p. 50.
3) G. SALVEMINI, Scritti sul Risorgimento, a cura di P. Punti e C. PISCUEDDA, Mi­lano, 1961, p. 419.