Rassegna storica del Risorgimento
VITTORIO EMANUELE II RE D'ITALIA
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1973
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Rimalo Giusti
parlamentare a parlamcnlaristico, carenza di funzionamento dei vari organi dello Stato, progressivo allontanarsi dal sistema costituzionale quale era agli inizi. Se è vero àie già nel periodo precedente il 1859 era stabilito e praticamente funzionante un sistema alquanto più avanzato della lettera dello statuto, è vero altresì ohe la coscienza di questo fenomeno, anche non largamente diffusa, si intrecciava con la convinzione che il parlamento subalpino fosse il centro di raccordo dell'opposizione allo straniero, quasi il simbolo dell1 indipendenza italiana. Il processo storico lentamente modificò in seguilo il quadro entro cui era nato lo statuto allertino, mentre nella Camera dei deputati si andava concentrando sempre più il potere, a scapito del re e del senato. E del vigore delle istituzioni liberali e soprattutto del sentimento nazionale, che nel parlamento si riconosceva, si ebbe tuia precisa indicazione nei preparativi della guerra del '59, nei dibattili specie sui giornali verso la fine del medesimo anno, in dipendenza delle misure amministrative per le nuove provinole, delle annunciate riforme, delle urgenti misure legislative per far fronte all'unificazione. Del fatto che il prolungamento dei pieni poteri giustificata dalla guerra non avesse più ragione d'essere si giovò, all'inizio del *60, il Cavour, richiedendo la convocazione urgente del parlamento che, se ebbe una funzione strumentale nell'ambito della politica cavouriana, e da riferire anche alla coscienza di una classe dirigente la quale intendeva rifarsi alla opinione liberale, contro le remore dei circoli conservatori e della corte medesima, allo scopo di legalizzare di fronte alle potenze europee la rivoluzione nazionale. Il parlamento però, geloso della sua autonomia , era tutt'altro che sottomesso al governo.
L'allontanamento del Cavour dal governo nel '59 non durò che sei mesi, durante i quali il sovrano col sostegno del partito di corte, di La Mar-mora e Rattazzi riprese con energia la direzione dello Stato, dando vita ad un programma che tendeva ad utilizzare la popolarità di Garibaldi per una rivoluzione dell'Italia del centro (ma Garibaldi venne fermato dietro suggerimento di Napoleone), stabilendo un certo tipo di rapporti con membri dell'Estrema sinistra (poi sconfessati), cercando di armare truppe regolari in vista di una guerra, attuando infine in modo fallimentare una politica personale che suscitava preoccupazione e timori all'in terno (tanto che la corrente conservatrice e aristocratica si volse al Cavour) e in Francia e Inghilterra, dove si auspicava il ritorno del Cavour al potere, unica àncora dì salvezza della politica italiana. Egli, che doveva muoversi con cautela a causa della situazione internazionale e dei suoi rapporti con Vittorio Emanuele II (difficili anche per la diplomazia personale del sovrano che interferiva nelle iniziative di governo), si era ormai allontanato dall'idea della federazione di Stali italiani, avviandosi come avverrà qualche tempo più tardi - verso un'idea di indipendenza e unità, e ritenne di dover consolidare l'alleanza con la Francia, di sistemare innanzi tutto la questione di