Rassegna storica del Risorgimento

VITTORIO EMANUELE II RE D'ITALIA
anno <1973>   pagina <514>
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Rimato Giusti
Mentre vali studiosi non hanno mancalo di sottolineare l'i ni prepara­zione militare (nonostante gli stanziameli ti in bilancio), la testardaggine e la sicurezza dei re, la situazione politico-diplomatica in Europa, ài singolare rapporto tra patriottismo e movimento nazionale, la mancanza di un piano strategico per l'offensiva sia per terra sia per mare (in un Borire di illusioni del sovrano per iniziative di guerra rivoluzionaria nei Balcani, in Ungheria), eertamente ima delle cause principali dell'insuccesso dell'Italia si deve far risalire alile divergenze parai izza triei di azione in seno ai comandi (...), assai sensibili ove si tenga conto del contrasto tra il Re, La Marmora e Cidi* dini sull'imposlazionc e sullo sviluppo del piano offensivo .,J
Le tergiversazioni e le diatribe a questo proposito (come il ritardo del La Marmora nell'assumcrc le funzioni di capo di stato maggiore dell'eser­cito), l'attestarsi delle truppe in due corpi quasi separati lungo il Mincio ed il Po per un'offensiva concordata in extremis tra La Marmora e Cialdini, la sostanziale inutilizzazione dei volontari di Garibaldi relegati in posizione (piasi marginale (nel Trentino), ila lentezza medesima dell'inizio delle ope­razioni e la mancanza di coordinamento non potevano che dare risultati negativi, nonostante l'ottimismo (scarsamente giustificato) del sovrano e la prevalenza per quantità delle truppe italiane rispetto alle austriache. A questo punto d'altronde interessa non tanto come sia avvenuta la sconfitta di Custoza che in realtà non fu una disfatta (morti italiani 725), con il ri­piegamento tramutato in ritirata a causa di due telegrammi del re al Cial­dini (24 giugno '66), quanto piuttosto interessa -la misura della corre­sponsabilità del sovrano, al cui agire (e comandare) nel successivo con­flitto libellistieo tra generali non venne mai fatto riferimento.
Da parte italiana, all'emozione seguita all'insuccesso di Custoza, e più nell'opinione pubblica ricca di polemiche e di accuse nella ricerca di un capro espiatorio, il La Marmora, che non negli organi responsabili, era ri­spuntato a fianco di un apparente sereno apprezzamento e di un senso di fiducia, 41 malsano costume delle u chiesuole w tanto deprecato dal Ricasoli, atto soltanto a paralizzare la presunta volontà di reagire alla sventura e ap­prestarsi con vigorosa forza alla rivincita, disponendo di innegabile supe­riorità di mezzi sul nemico e da questo francamente riconosciuta e temuta. Essa però urtava nell'immutata persistenza degli irriducibili contrasti di gelosie .personali e di prospettive militari, che si riflettevano nel comporta­mento dei tre maggiori artefici, il Re, accusalo di non fare e di non lasciar fare, il La Mormora, irrigidito nei suoi pregiudizi, il Cialdini, nemico di­chiarato dell'uno e dell'altro. 11 contrasto personale perpetuava le conse­guenze dell'errore di cui si era fatta dolorosa e amara esperienza .2>
J) R. Cussi, La <eritp del 1866. A proposito di romiti publdkazUmi Venezia, 19.69,
p. 81.
2) R, CESSI, La crai dot J866 il., pjj. 105-106.