Rassegna storica del Risorgimento
CORSICA STORIA 1755-1769; ILLUMINISMO; PAOLI PASQUALE
anno
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1973
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pagina
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541
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Noto sulla fortuna, di P. Paoli 541
venne questione sociale.') L'altro aspetto, che caratterizza l'atteggiamento lei nostro illuminismo nei suoi rapporti con l'isola rispetto a quello europeo è che gli Italiani considerarono spesso la vicemla corsa come cosa propria; se ne sentirono toccati assai più direttamente dei loro maestri d'oltralpe. Riformatori, filosofi, alcuni poeti, ma anche uomini di Stato e sovrani non potevano non sentirsi spesso coinvolti, più o meno direttamente, da quanto accadeva nell'isola mediterranea, unita da legami politici e culturali ai differenti Stati della penisola. La guerra di Corsica sì configurava come episodio italiano, e come tale suscitò le più differenti reazioni nella penìsola, sin sul piano della politica statale che sul piano del pensiero riformatore e illuminista. Se Benedetto XIV senti il pericolo dell'istauratone della Chiesa gallicana nell'isola parte della Italia , il re di Sardegna mobilitò tutte le risorse della sua diplomazia per evitarne la conquista francese, e la corte di Napoli, sotto la guida del Tanuccì, non lesinò gli sforzi per impedire che l'isola ribelle divenisse un focolaio di turba-
*) Se non pochi filosofi italiani furono in grado di concepire, nei loro rapporti con 1 isola, un regime di libertà politica che andava oltre gli angusti limiti del dispotismo illuminato, accarezzando concezioni democratiche della società, manca (piasi totalmente nei loro scritti quell'aspetto socialmente egualitario che fu proprio, invece, nei confronti della realtà isolana, dei settori più arditi del pensiero illuminista europeo. Sono i casi del Boswell e dell'abate Mably (significativi brani delle loro opere in rapporto alla Corsica sono stati pubblicati dal Venturi nella sua citata Nota introduttiva, p. 727 sgg.) e di Rousseau, che nel suo Progetto auspica per la Corsica un regime sociale egualitario, col fine di evitare che r coloro che si arricchiscono col commercio e con l'industria, quando hanno guadagnato abbastanza denaro, lo investono in fondi che altri coltivano per loro; tutta la nazione si trova così divisa tra ricchi fannulloni che posseggono terre, e disgraziati contadini, che, pur coltivandole, non hanno di che vivere (J. J. ROUSSEAU, Progetto di costituzione per la Corsica, in Scritti politici di /. J. Rousseau, a cura di PAOLO ALATRI. Torino, 1970, p. 1102). L'obiettivo finale che il regime sociale dell'isola dovrebbe raggiungere, è, per il Ginevrino, di circoscriverla [la proprietà privata] entro limiti assai ristretti, di darle una misura, una regola, un freno ohe la contenga, che la diriga, che la incanali e la tenga sempre subordinata al bene pubblico. Voglio, in una parola, che la proprietà dello Stato sia grande e forte, mentre quella dei cittadini resti, per quanto è possibile, piccola e debole. Ecco perché evito di farla consìstere hi cose che il possesso privato domini eccessivamente, quali la moneta e il denaro, che si possono facilmente nascondere al controllo pubblico (ìb'uìem, p. 1113).
Voci analoghe mancano nei progetti ideali e nelle considerazioni degli Italiani. Lo spazio non mi permette di portare a fondo l'analisi; ma è assai interessante notare che uomini come Vasco, Galanti, e Magnanima partirono puntualmente dall'analisi rousseauiana della realtà politico-sociale dell'isola per ribadire la sua attitudine ad accogliere una legislazione ideale; ma le conclusioni da loro proposte, pur nella loro diversità, tesero ad allinearsi più allo spirito e all'orientamento prevalente nel nostro illuminismo aia pure, come nel caso di Vasco, superandolo con punte singolarmente eversivo che alle conclusioni del filosofo ginevrino. Come avverte acutamente la Ghihaudi, gli illuministi italiani, nelle loro idealità di progresso politico ed economeo e nella loro peculiare situazione storica, seppero cogliere il valore a razionalistico e deontologico del pensiero Tousseaulano senza apprezzarne e farne proprie le conclusioni eversive (S. ROTA GHIBAUDI, La fortuna di Rousseau in Italia* Torino, 1961, pp. 300-301). Più precisamente, non pochi filosofi ita liani analizzarono la realtà corsa secondo i moduli rousseaulani e giunsero alla conclusione che ai trattava del terreno più propizio, in Europa, per applicarvi una legislazione ideale; ma la legislazione che essi proposero si inserì, senza eccezioni, ed anche nelle interpretazioni più radicali, all'interno dei moduli monlcsquiani di antidispotismo < di eguaglianza di fronte alla legge.