Rassegna storica del Risorgimento
CORSICA STORIA 1755-1769; ILLUMINISMO; PAOLI PASQUALE
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1973
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Carlo Bordini
mento nella penisola e nel Mediterraneo. Ma ben più interessanti e profonde furono le reazioni che la vicenda di Corsica suscitò nei filosofi e nei riformatori, che sentirono il problema in modo consono alle loro preoccupazioni e alle loro aspirazioni innovatrici, e che unirono spesso la vicenda dell'isola mediterranea ai problemi della penisola, della sua arretratezza, della sua necessità di riforme e di libertà. Fu un modo tutto settecentesco di collegare lo stimolo che proveniva dalla Corsica ribelle e riformatrice alla realtà concreta in cui essi operarono, e che nel pensiero di molti non era limitata a quella del loro Stato, ma dell'insieme degli Stati italiani. Era una decadenza comune, frutto di una vi* cernia di secoli, che bisognava curare. Accanto al cosmopolitismo, affiorava il problema italiano. I malanni, onde l'Italia viene da gran tempo travagliata, sono cosi gravi e di peso, e così infiniti di numero, che un animo patriottico non li può con occhio indifferente riguardare ,') scriveva nel 1768 Carlo Antonio Pilati, all'inizio del suo Di una riforma d'Italia. È una formulazione che riflette il pensiero di molti Italiani del tempo.
Lo stesso abbandono della concezione patrimoniale dello Stato doveva spingere non pochi illuministi italiani, pur nel mantenimento della loro fedeltà al sovrano, che in genere rappresentava la sola via per l'attuazione delle riforme, a portare lo sguardo su un panorama più vasto. Era il modo settecentesco di presentarsi un problema storico, quello dell'Italia, che andava risolto, van che gli nomini del Settecento volevano risolvere alla maniera illuministica., sulla scia delle teorie di Montesquieu, in grembo all'assolutismo illuminato. La non accettazione delle formulazioni della storiografia nazionalista, tesa a ricercare nel Settecento italiano quello che non c'era, l'anticamera del nostro sentimento nazionale del Risorgimento, non può impedirci di vedere che vi fu una maniera illuminista dì affrontare il problema dell'Italia decadente e arretrata, il cui confronto col progresso di nazioni come l'Inghilterra, l'Olanda, la Francia, colpiva così dolorosamente l'attenzione dei nostri filosofi e dei nostri riformatori.
Mi pare sufficientemente dimostrato come nel mito di Pasquale Paoli e della Corsica ribelle nel Settecento italiano non abbia avuto nessun posto né poteva averlo il vagheggiamento dell'unità d'Italia. Piuttosto, nel sentimento di una comunanza di problemi e di un'unità culturale della penisola, era inclusa la Corsica; faceva parte dei malanni onde l'Italia viene da tempo travagliata , della decadenza, dell'ancora presente esposizione al pericolo delle invasioni straniere, della arretratezza; e Paoli mostrò per molli un modo tutto illuminista, ma che già conteneva punte eversive, di risolvere questo problema. Per questo, anche, in Italia la vicenda corsa fu tanto seguita e Paoli destò tanta attenzione. Se i riformatori più legati ai sovrani come Verri e Galiani si occuparono delle ripercussioni che sulla stabilità degli Stati della penisola e, quindi, sulle riforme avrebbe avuto l'ingresso dei barbari nell'isola (Verri paventando una monarchia universale del governo arbitrario francese nell'Europa meridionale, Galiani nuovi sconvolgimenti e nuove guerre in Italia), altri (tra cui spiccano le figure di Genovesi e Magnanima) videro nella montesquiana virtù dell'isola ribelle un esempio di rigenerazione politica e morale che additarono al resto degli Stati, della penisola come modo per curare i suoi infiniti malanni ; mentre qualche poeta vi sentì il battito del cuore di un nuovo secolo.
Nell'adesione, pur cosi differenziata, di tanti illuministi italiani e di tutta
0. C. A. Pivm, Di una riforma d'Italia* Villafrancn, 1768, p. 3.