Rassegna storica del Risorgimento

BONGHI RUGGERO; GIORNALI TORINO 1862-1865; ITALIA MERIDIONALE S
anno <1973>   pagina <561>
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a La Stampa di Ruggero Bonghi 561
sortì pubblicata alcuni giurili prima a Napoli dal Nomade con rinclusione di Mancini e Conforti, uomini di idee diverse, e il libro d'oro della consorte­ria* pubblicalo in quegli stessi giorni a Napoli con rinclusione di Lazzaro, amico de II Diruto, mentre mancavano alcuni amici de La Stampa, Il 7 giu­gno 1862 il quotidiano respinse l'accusa de L'Unità italiana di essere Tergano delta fazione napoletana che aveva governato con Farini a Napoli, sia per­ché molti componenti dell'ex-luogotenenza potevano dissentire dalla sua linea politica, sia perché esso non intendeva rappresentare un'opinione unicamente napoletana, ma si proponeva di surrogare alle opinioni -locali quella italiana.
In precedenza, il 3 aprile 1862, la Giovane Italia, a proposito di un foglio volante diffuso tra il popolo, aveva detto di considerare la consorteria di opposi­zione come una bega per non favorire depurameli ti nel Meridione; in questa occasione La Stampa rifiutò di difenderai e attribuì la costanza nel combattere la consorteria alla presenza in essa di uomini di maggiore probità politica e senno governativo.
Il quotidiano, quindi, nel momento stesso in cui rigettava questa accusa per ciò che comportava circa gli orientamenti politici del momento, la accettava nei suoi riferimenti ad un passato di cui non poteva fare a meno di sentirsi orgo­glioso, quando Bonghi e i suoi amici avevano avuto l'opportunità di contribuire direttamente al Governo e all'organizzazione delle province napoletane. ')
Non appena se ne offriva l'occasione, infatti, su problemi di finanza, di am­ministrazione, di brigantaggio, sia a livello locale, sia nazionale, gli scrittori inse­rivano spesso anche troppo estese esemplificazioni dell'optimum governativo, citando decisioni o criteri di Spaventa e in genere di tutta la Luogotenenza Farini; sembrerebbe quasi che nei momenti più confusionali del Mezzogiorno e dello Stato quell'uomo politico avrebbe potuto essere il deus ex machina delle situazioni estreme.
Se questa censura mossa da L'Unità italiana era dunque valida, La Stampa aveva buoni motivi per rigettare le accuse di faziosità locale; innanzitutto il termine consorteria , in quegli anni, per l'eccessivo uso non solo verso Napo­letani, ma verso Piemontesi, Toscani, Siciliani, Romagnoli, aveva finito per di­venire ambiguo mezzo di calunnia più che di designazione politica. In una classe dirigente che, indipendentemente dall'unità territoriale e dagli sforzi per l'unità amministrativa e politica, fino a qualche anno prima aveva rappresentato esclusivamente interessi locali di questa o quella provincia, era difficile che non si verificassero, sulla base di esigenze economiche e sociali concrete e pres­santi, casi e atteggiamenti unilaterali e faziosi, che potessero essere tacciati quale opera di consorterie . Il disadattamento, gli sforzi, i sacrifici dell'autonomismo di varie zone d'Italia non era senza influenza anche su chi sedeva al Parla­mento italiano.
Era chiaro che La Stampa, sostenitrice della necessità di eliminare ogni forma di governo temporaneo e autonomo, pronta ad andare anche contro gli interessi materiali delle province napoletane e siciliane in nome della giustizia distributiva delle imposte o di un decentramento omogeneo, rigettasse a ragione da sé ogni insinuazione di faziosità locale; serbava tuttavia intano il ricordo e il vanto della partecipazione di Bonghi alla Luogotenenza e accettava di defi­
li A. SCIROCCO, OJ>: citi, pp. 81-116.