Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1973>   pagina <596>
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Emilia Morelli
Ma che ho visto* caro Ovuli, rientrando a Roma come un pellegrino, mentiti la malizia degli uomini m'impediva dì rientrarvi collo armi a me, che avevo il primo condotto ì Ro­mani alla vittoria a Treviso nel MB. e che salvai la ritirata di Mentana nei '67. Chi ho visto ed incontrato?
Una Colla di uomini, che andavano a processiono, non un corpo scelto di cittadini; mentre questo non avrebbe sofferto il disonore di una breccia nella Città Augusta, che anzi sarebbe egli andato ad aprire la porta ai fratelli dell'Italia, passando sui corpi d'una mise­rabile orda di stranieri mercenari di un Papa! Poi l'altra processione capitanata da Mon-tecchì al Colosseo, di eoi fu termine il santo nodo del diritto e della legge violata, e tagliato dalla spada sacrilega del Cadorna. Facmusl accettato dal Scrmonela e dal Municipio senza rossore innanzi alla statua eterna di M. Aurelio!
Allor pensai, che bastava Paver veduto, e che faceva d'uopo ritirarsi, ma dove? in casa. E qui so che molti valorosi emigrati nel rientrare in patria dopo 20 o 30 anni di esilio non han più trovato né casa né Ietto, né un pane governativo onde sfamarsi ricusati dal militare e come vecchi, e dal civile ebe ha bisogno di penna e non di spadai Miseri che avevano tutto speso vita e sostanza e mestieri e impiego per salvare la Patria. Se il Campo Veruno potesse parlare ne narrerebbe di molti la dolorosa istoria; ma così va il mondo: ora torniamo e breve* mente a me.
Anche io tornavo in Patria dopo avere speso lutto il mio, durante cinquantanni per combattere il diritto feudale. Ebbene il rifugio e la pace l'ho rinvenuto sotto il baldacchino di quel diritto, che bo combattuto, e non solo mi dà da vivere, ma il diritto di succedere alla primogenitura Laute, e fare le fiche alla malizia di un Governo che mi ricusava nel '59, nel '66, nel '70, e che ancora non mi assegna la pensione dovuta che chieggo da dieci anni per vergogna della Camera e del Senato che promise fare una legge per me, e ohe mai ha fatto.
Che direbbero ì miei figli udendo raccontare dal loro padre queste infamie... Quali cit­tadini, e forse diverrebbero uomini perversi! Fortunatamente per me e per loro non ne bo! de hoc salisi Per queste ragioni vivo ritirato, e vedo pochi, e non voglio più saperne di Papi, d'Imperatori, di Re, di Municipi e poi di Reduci, di Circoli etc. Ed ora comincio a dare opera allo studio della filosofia da me trascuralo nelle agitazioni di vita militare e nomade. E cosi spero chiudere i disinganni ed obliarli insieme agli uragani del tempo passato, e sognan­done uno migliore nell'avvenire.
Nel pensare poi e riflettere che il sognare e lo sperare appartiene alla poesia, e non albi filosofia mi schiudo nell'idea che l'umanità non può perire, e forse anche noi passeremo e non periremo; ma questi sono secreti ed arcani de' secoli futuri. Io lo penso e farse' U come l'ho scritto e lo troverete un giorno o l'altro che il mìo poema Opus trìgmta annorum venga reso puhlico con la stampa.
Caro Ovidi, questa lettera scritta dal 5 aprile la invio il 9 essendo stato occupatissimo in affari di famiglia. Credo scrivendo cosi francamente di avervi dato una prova vera di amicizia e di stima: fatene quel conto che volete. Presentate i miei complimenti alla vostra degnissima consorte e ditegli che mia moglie la conoscerebbe volentieri. Noi siamo in casa ogni sera dopo le 8. La domenica vi è buona musica. Si viene, le donne in abito da mattina, gli uomini come vogliono.
Se vi place, profittatone io vi aspetto.
Il vostro antico amico dell'esilio
F. Lanle Montefcltro della Rovere
Pittore, Poeta, Soldato
CALLIMACO ZAMBLANCHI (Busta 107). Provengono dall'Argentina, ge­nerosamente dormii ibi un erede i restì dell'archivio di uno dei personaggi più discussi del Risorgimento. Le earte sono poche, ma serviranno a lumeggiare alcuni periodi della sua vita, finora sconosciuti o mal noti.
Del '49 romano, Zambiancbi conservò alcuni documenti ufficiali e, preci­samente, le lettere ricevute dalla Commissione di guerra (9 aprile), dal Trium­virato (20 aprile), da G. Avezzana (26 aprile e 2 maggio)* da G. Garibaldi (29