Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
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1973
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600
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Libri i> periodici
FRANCESCO BHANGATO, Slarwgivjìu e politica nella Sìrìtm iklFQuucmlo; Palermo, Flac-covio, 1973, in 8", pp. 276. L. 5.000.
Anche quest'ultima falien dell'assiduo è pensoso storico palermitano nosco da un ini-pegno civile rilevantissimo, quel dibattito sempre ritornante sul problema sempre nuovo del divorzio tra politica e cultura in Sicilia (soltanto in Sicilia!?) che da Gentile al Lampedusa, attraverso Romeo ed in prospettiva Mack Smith, attraversa tormentosamente, amaramente, un po' tutta la vita in ielle ti naie isolana dell'ultimo mezzo secolo, (orse la seconda metà, quella dell'autonomia regionale, con maggiore urgenza e scontentezza ad un tempo, quelle grandiose ristampe dei classici della storiografia e del pensiero econòmico che non riescono a travalicato i cancelli del l'erudizione, quell'aggancio col presente che non si riesce a realizzare, quel usonno gattopardesco in cui sembro consistere unta la contemplazione dal passato nello scorrere accidioso e sconclusionato del presente.
indubbio che Gentile e Folzone abbiano ragione, l'assenza dell'Oli ani ano ve ha confinato socialmente la Sicilia in una marginalità peggio che scandinava (si pensi alla forza del mito del muxattismo nella Napoli ottocentesca!) che il costituzionalismo degli aristo-cratiei e le biblioteche dei dotti non sono stati assolutamente in grado di colmare (il principe di Costelnuovo fa pensare al napoletano Tiberio Cara fa ed al riformismo asburgico d'un secolo innanzi, ed è comunque, quella nobiliare, la sola forza politica seria, di respiro europeo, ancorché su linee anacronistiche di torismo agrario settecentesco).
Nondimeno, nel corso del secolo, si assiste ad un progressivo processo d'imborghesì? mento della cultura politica siciliana, rappresentala quasi fisicamente da Crispi. in funzione peraltro essenzialmente contestativa contro Napoli (il ghibellinismo storiografico di Amori, il liberismo economico di Ferrara, lo stesso classicismo letterario e musicale, che sono tutti sistematici ribaltamenti dell'atmosfera culturale prevalente nella capitale) e non ancora compiutamente italiana, se non attraverso l'emigrazione post-quarantottesca, che col La Farina si fa decisamente unitaria e cavouriana.
La nazione siciliana è dunque certamente morta nel 1860 (e non è stato strangolata dalla conquisto regia) perche morte sono socialmente le sue grandi componenti tradizionali, l'aristocrazia liberaleggiante, le maestranze palermitane, gli imprenditori messinesi, dinanzi al prevalere politico della borghesia intellettuale.
Ma questo non vuol dire che una storia di questa nazione non ci sia siala fino al 1860, come estremisticamente conclude il Giorazzo per confutare la nebulosa insularità e l'antistorica decadenza che informano la sintesi di Mack Smith (la cui strumentalizzazione trionfalistica ha provocato tutta lo storiografia isolana con una puntigliosità gelosa molto a siciliana , almeno quanto a costume!).
Esiste una questione siciliana come ne esiste una napoletana del tutto diversa, e spesso opposta, rispetto a quella meridionale: e questo semplicemente perché si tratta di tre storie diverse, che saremmo molto formalisti a considerare assieme solo grazie alle dinastie ed ai trattati di pace.
Nessuno che abbia un minimo discernimento critico confonderebbe, per rimanere all'ingrosso nel medesimo ceto, e nel periodo vicereale o borbonico, un orrendatore napoletano con un mercante di seta messinese o con un esportatore di grano pugliese, né il popolo napoletano con le maestranze palermitane o con i lavoranti a domicilio di Catanzaro, e cosi via.
Sono cose socialmente, struu oralmente diverse, ed e strano ohe il Già frizzo faccia soltanto un discorso di classi dirigenti più o meno disponibili.
La Sicilia, se vogliamo stare al Brancato, giustifica ed incrementa una cultura autonomistica non perché si senta diversa e distinta, ma perché lo è effettivamente, all'interno così dell'impero spagnolo come dolt'>uropn dei dotti (quanto liberalismo cultaralistico e crociano e restato wàVindignatio del Giarrizzol).
A ripercorrere le linea e le ragioni di quest'Ispirazione autonomistica nel campo storiografico ci guida dunque l'A. col garbo e la dottrina consueti, prendendo le mosse correi lamento da lontano, dagli albori trecenteschi dello spirito nazionale, sottolineando opportunamente l'interesse, tutto realisticamente a descridivamente settecentesco, dei diari inediti e rari, stringendo poi subito sull'illuminismo e m Fiume, anche se forse, più cha di