Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1973>   pagina <602>
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Libri'- e periodici
inamente e storicamente più anacronistica, l'anticlericalismo ghibellino: e, mentre il Casti* glia (su oni l'A. ha pagine molto pregevoli, come su tutta l'influenza vichiana in Sicilia), il Pena ed Emetico Amari procuravano un'ardua conciliazione tra Romagnosi e Vico in prospettiva positivistica (la a totalità dello Scine davo ancora i suoi frutti, ma non si. amalgamava bene col nuovo clima romantico), mentre il Lnnzn di Scordia risolveva ìl mes­saggio del maestro in chiave nettamente conservatrice, do Gioberti al ce pacifico impero della ragione di Thiers, veniva fuori impetuosamente Michele Amari ad egemonizzare politica e culture insieme all'ombra della storiografia, ed a congiungerle all'Italia.
Quest'egemonizzazione, l'A. fa bene a ricordarlo, avviene anzitutto e soprattutto contro Napoli, in una frattura che assume i toni del fanatismo esasperato (uno spirito superiore come Scino muore nel colera del 1837 con la ferma convinzione che a provocarlo siano stati i borbonici!) e che, per l'Amari, s'indirizza contro un personaggio estremamente rap­presentativo dell'organicismo amministrativo posi/mura ttiano cosi fiorente a Napoli (ma in Sicilia non c'erano gli ex giacobini da riassorbire!) come Ludovico Bianchini.
Con Amari, e più genericamente col 1837, finisce, non solo fisicamente fin scomparsa di Scine è emblematica) lo generazione del 1812, e viene fuori una mentalità democratica, repubblicana (ma non mazziniana, secondo l'opportuna precisazione dell'A.), tutta intrisa di materialismo scientista ottocentesco più che di empirismo sperimentale settecentesco (e dunque si e ben oltre Roma gnosi, a non parlare di Vico, e si è saltato Cattaneo).
Dinanzi ad essa, sia il reazionario Paterno Castello che il sentimentale La Lumia (su di lui l'A.. ha pagine finissime, ci si accorge che figure meditative e disinteressate come questa, e come Scino, gli parlano particolarmente per un modello ideale di studioso siciliano politicamente perché culturalmente impegnato) si dissolvono in breve, compiendosi la sorte nazionale della storiografia siciliana su quel postulato, peraltro, delle suhlimitns normanna che ne giustificherà la sopravvivenza ed il particolarismo sino ai giorni nostri.
Di tale sopravvivenza l'A. traccia dettagliatamente hi storia, per quanto attiene ad interessi latamente culturali, attraverso le vicende della Biblioteca Filosofica, questo cena­colo intellettuale che per tutto il trentennio precedente la seconda guerra mondiale (e dun­que l'egemonia gentiliono, le cui scaturigini sicilianiste andrebbero pure indagate) si raccoglie in operosa assiduità a ino' di opificio , dove passano le generazioni irrequiete della prima guerra, da Vailati ad Omodco (e le conferenze di Gentile sul conflitto meri­terebbero un cenno a parte), dove si aduna insomma una nobile repubblica delle lettere intorno ad un filosofo cristiano come Giuseppe Amato Pojero che, nell'immobilità della malattia e nella contemplatività attiva dello spirito, sembra raffigurare plasticamente il tor­mento, religioso e razionalista ad un tempo, dello spirilo nazionale siciliano.
RAFFAELE COLAPIETOA
ALBERTO COVA, Jl Banco di S. Ambrogio nell'economia milanese dei secoli XVII e XVIII; Milano, A. Giuffirè, 1972, in 8, pp. 274. L. 3.500.
Questo volume che il terzo della Biblioteca della rivista Economia e Storia, calma veramente una lacuna nella storiografia economica lombarda.
Il Banco di S. Ambrogio fu programmato nel 1592 dal milanese Antonio Zerbi prendendo a modello il Banco di S. Giorgio. Il compito del nuovo Ente sarebbe stato quello dì accettare depositi senza interessi, raccogliere capitali a titolo di partecipazione societaria onde impiegarli in prestiti alla città. Nel settembre 1593 col consenso del go­vernatore VeJosco il Banco di S. Ambrogio iniziò a funzionare.
Tale attività di sostegno dello finanza cittadina divenne, nel corso del Seicento, util­mente intensa da provocare una orisi dell'Istituto. Intorno al 1663 la situazione si rioqui-libro soprattutto a cause dalla decisione di snidare al Banco l'appalto dei tributi, oltre che poteri giurisdizionali.
Nel 1706 la Lombardia si tiravo virtualmento sotto lo dominazione austriaca, ma i Milanesi chiesero ed ottennero die hi preziosa funzione del Banco continuasso come nel passato, senza alcuna innovaziono.