Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1973>   pagina <603>
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Libri e periodici 603
Tuttavia nella seconda mota del Settecento, a causa delle riforme teresiane e giu-seppine, l'autonomia e la potenza finanziaria dell'Istituto di credito ambrosiano furono lar­gamente compromesse a tutto beneficio del dirigismo viennese. Ed allora si iniziò il declino: nel 1785 1 antico Banco fu incorporato in anello di S. Teresa.
In epoca napoleonica, precisamente nel 1796, il Banco ritornò in vita per volere della Municipalità borghese, ma il quadro politico generale era ormai radicalmente mutato. Si affacciava lo Stato moderno con le sue necessità ed i suoi dogmi e non ci poteva più essere spazio per una polìtica finanziaria municipale, diversa da quello dello Stato dominante.
Nel 1804, in piena Repubblica italiana, cioè nel clima speranzoso di nuovi orizzonti, il Banco di S. Ambrogio cessò definitivamente di vivere.
GIANFRANCO E. DE PAOLI
Lutei DAL PANE, Industria e commercio nel Granducato di Toscana nell'età del Risorgi­mento, 2 voli.; Bologna, Patron, 1971-1973, in 8. pp. xvi-275, 327. S.p.
È difficile accostarsi al lavoro di un Maestro, come H Dal Pane, senza rammentare sia pur per accenno i nessi tra la ricerca storico-economica e la riflessione intorno ai problemi generali, ai metodi di ricerca, alla teoria dello sviluppo economico; in verità come avve­niva abbastanza di frequente al Luzzatto l'uria ricerca illumina e giustifica l'altra, costi­tuendo l'avvio ad una più completa e pregnante valutazione del fatto economico tanto in termini quantitativi e statistici, quanto per la messa a fuoco dei problemi. Ed anche in questa opera il Dal Pane mette a profitto la sua esperienza di ricercatore, servendosi di varie angolazioni per affrontare la realtà economica della Toscana settecentesca e ottocen­tesca per quel ebe concerne commercio e industria, da un lato con un primo approccio alla questione attraverso il resoconto di viaggiatori del tempo, dall'altro con l'utilizzazione di una fonte di primo ordine (da lui reperita molti anni fa): l'inchiesta leopoldina del 1766. Anche se non completo in tutte le sue parti, il quadro che il Dal Pane offre in base all'Inchiesta eseguita presso le comunità e alla statìstica commerciale risulta estrema­mente importante perché permette di comprendere il carattere dei provvedimenti presi e dei rimedi proposti durante l'età delle riforme da parte di Pietro Leopoldo di Toscana, an­che nell'ambito delle misure finanziarie per la riorganizzazione del Granducato (cfr. L. Dal Pane, La finanza toscana dagli inizi del secolo XVIII alla caduta del Granducato. Milano. Banca Commerciale Italiana. 1965). Senza seguire l'autore nella raccolta e illustrazione dei dati, ad es. di importazioni ed esportazioni delle merci ecc., o nella descrizione e valuta­zione dello stato di industrie e manifatture per le diverse zone dello Stato, noi possiamo accogliere le conclusioni intorno alla localizzazione e distribuzione territoriale delle indu­strie, al rapporto buon mercato e libertà del lavoro (stimolo pei capitalisti verso la cam­pagna), ai caratteri delle industrie toscane e ai vari rami della produzione (pp. 137-192), rappresentata in molteplici, tabelle.
Mentre sottolinea la scarsezza di studi preparatori per i diversi problemi, il Dal Pane, per quanto rammenti nella prefazione la mancanza, per la Toscana, di studi demografici complessivi (esistenti invece per Bologna), disegna però in breve le linee di una demografia storica (rapporto tra città dominante e minori: città-contado ecc.), valutando l'utilità di determinare la distribuzione professionale della popolazione e sostenendo che la mancala realizzazione di una rivoluzione demografica e agraria, il permanere di un mercato ristretto (produzione nel consumo, coltura mista eco,), gli indirizzi di politica economica al fine di smantellare il sistema di privilegi e proibizioni indicando i limiti e le prospettive ad un tempo per l'evenUiale rifiorimento economico della Toscana, dal '700 in avanti, del resto priva, ad es.. delle condizioni per una vera e propria rivoluzione industriale (rivoluzione delle tecniche, accumulazione di capitali, scelta di investimenti, p. xv) e di un mercato più largo di quello cittadino e regionale. Anche uno studioso contemporaneo come Alexan­der Gerschenkron ha esplicitamente riconosciuto che un processo d'industriai ivanzione non è nemmeno concepibile laddove sussistono poderosi ostacoli di carattere istituzionale, come la servitù della gleba, o la mancanza di unità politica. La mancanza o il difètto di queste premesse istituzionali generava uno stato di tensione, che assumeva un aspetto di crisi.