Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1973>   pagina <624>
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Libri e periodici
solo in seguito alla garanzia protezionistica (banane e {errovie, dunque, ancora e sempre protagoniste del periodo della Destra, con le loro coalizioni, che attendono ancora un'in­dagine accurata, le Meridionali o la Banca Romana).
Il compromesso tra i cotonieri lombardi ed i latifondisti meridionali, all'ombra del protezionismo inaugurato dai lombardi Cairoti e Zanardelli (non si può parlare di Sinistra in genere!) con l'edilizia a Roma a fare da cerniera provvisoria, segna l'inizio sistematico di un'espansione vera e propria, che sostanzialmente (ma ci si può affidare a statistiche che, nel campo delicatissimo dei protesti cambiari, risalgono a sessantanni, fa?) attraversa i craeks edilizi e le burrasche bancarie, per ricongiungersi al boom giolittiauo, ampi inve­stimenti, bassi salari (malgrado i socialisti!), disponibilità dì manodopera (nonostante Temi-grazionc!). partecipazione attiva da parte delle banche di tipo tedesco, contenimento lolle spese più che pressione fiscale (ancora una volta la politica di Sennino viene rivalutata, dopo le recenti equanimi conclusioni del Manacorda) sino al risultato, essenzialmente di prestigio, ma pur non trascurabile, della conversione della rendita.
L'espansione, come si è detto, avviene nel quadro e sotto il condizionamento del pro­tezionismo, il cui effetto di consolidamento permanente degli interessi costituiti (coto­nieri, siderurgici, più tardi zuccherieri) è una precisa scelta politica nei confronti delle nuove forze imprenditoriali (meccanici, chimici, più tardi elettrici) sul risvolto delle esi­genze militari, da un lato. e. polemicamente, dell'offensiva industriale milanese, che si coa­lizza appunto intorno a queste forze (quando avremo uno studiò su Frinetii industriale della bicicletta o su Colombo patriarca della Edison?).
Il saggio del Toniolo si conclude con considerazioni assennale sull'epoca fascista, che ci duole dover trascurare, ma anche con intelligenti suggerimenti d'indagine, come quello per un parallelo, finalmente critico e documentato, tra Nitli e Fortunato, per chiarire le origini e la legittimità di un certo tipo di riformismo meridionalistico.
Sfortunatamente, la bella e ricca problematica di questo lavoro introduttivo viene sciupata in quelli metodologici successivi (dovuti ancora al Toniolo, al Svila ed al Faucei) che si distendono per un'ottantina di pagine ad illustrare la problematica e Io svolgimento culturale della new economìe history, sostanzialmente l'aggiunta del modello teorico e della e ipotesi alternativa all'analisi quantitativa della storiografia economica tradizionale, allo scopo, anche qui, in pratica, di agganciare più strettamente la dottrina e la statistica ai risultati dell'indagine storica.
In verità, le stesse conclusioni del Toniolo nel saggio precedente privilegiano assai più il momento politico (valutazione della realtà, definizione degli obiettivi, scelta dei mezzi) che non quello teorico nelle sintesi di storia economica, ne l'ipotesi alternativa, al di fuori di una statistica dai risultati opinabilissimi, può dirsi altro che un espediente ideologico (la * rivoluzione agraria mancata di Gramsci, che gli AA. portano come esempio, è una spie­gazione del problema meridionale assai più che non delle difficoltà di nascita dell'Italia industriale, e la sua prospettiva è politica, l'alleanza tra. i contadini emarginati e gli operai inseriti*, che esercitano l'egemonia, assai meglio che teorica).
Comunque ciò sia. e ribadito lo scetticismo su dati statistici cosi oscillanti (quando il v vanteggio n economico dell'istituzione delle ferrovie americane rispetto ai mezzi di tra-! riporto tradizionali oscilla tra il 5 ed il 15 c'è poco da poter concludere, ammessa la cor­rettezza del rendere opinabile un fenomeno di civiltà irresistibile ed irreversibile!) gli AA. ribadiscono forti e sensate critiche al Romeo (soltanto di capitalo c'era scarsezza nel 1861? o non anche di specializzazione operaia e di mentalità imprenditoriale? ed. il mercato dei capitali era veramente unico per le ferrovie e per le industrie?) con qualche indulgenza, peraltro, al Sempliciano nenliberiatica di Gerschenkron (l'arretratezza rispetto ai paesi più avanzati è un concetto troppo clastico e relativo!) e pseudoprobleraatleo det Fenoaltea ( Un singolo fattore non è sufficiente a spiegare l'industrializzazione italiana : il tipico uovo di Colombo di queste metodologie raffinatissimo!) sino all'impagabile conclusione d'impotenza -lilla incommensurabilità di un fattore se altri mai determinante dello sviluppo economico quale l'imprenditorialità (a Qualcuno potrebbe costruire l'ipotesi alternativa eliminando la Banca Commerciale ed il Credito Italiano lidia scena economica dell'Italia giolittiana. Ma poi? Lo stato attuale della scienza economica lo costringerebbe a fermarsi : metodologica­mente, non c'è davvero nude!).