Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1973>   pagina <625>
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Libtóiè periodici 625
Di questa metodologia il Fatteci fa la storia, che e un po' tutta una, come dire?, mitridatizzazione contro i veleni storicistici , dal problema delle sopravvivenze significa­tivamente presente così allo storico Clapham come all'economista Robbins sullo scorcio de­gli anni venti all'applicazione del metodo quantitativo alta storia economica teorizzato dieci anni più tardi dall'Usher con rimarchevole, e non sempre unitala, larghezza d'idee ( II concetto di miglioramento delle condizioni materiali in senso lato va molto al di là della discussione sul movimento dei salari reali ) quantunque anche qui, come osserva Io stesso A., si tratti di un nodo marxiano ammodernalo (struttura e sovrastruttura) ancorché senza il vasto respiro storico e politico ohe Marx metteva in tali questioni (non si porla delle uova un po' andate a male dello svedese Recksher, che gravemente ci ammonisce ad occu­parci delle trasformazioni agrarie operate dalla nobiltà, quantunque questa, ehi l'avrebbe detto?, e non abbia mai formato una parte numericamente gronde della società )
Si tratta di amenità sussiegose e seriose che non possono non far sorridere per la loro ovvietà (non c'era davvero Insogno di Wright per auspicare che i desideri si soddisfino al costo minimo, e per vedere il lungo periodo avviarsi alla specializzazione: del lavoro sotto lo sconfortante arbitrio della legge del caso !) che soltanto la robusta vena di alcuni storici di razza riesce a sbanalizzare nelle loro pretese dottrinarie, Supple, ad esempio, che guarda ai a vinti dall'industrializzazione, e Kuznets, che si pone il problema, tutto mo­derno, della crescita del prodotto individuale in presenza (e nonostante) la crescita della popolazione, o Fetter ( La disoccupazione non era il grande problema economico dèi tempo nella prima metà dell'Ottocento) o l'inevitabile Gerschenkron, con la sua sacrosanta apo­logia dell'arbitrarietà della ricerca storica ( È lo storico che, astraendo dalle differenze e concentrandosi sulle somiglianze, stabilisce la continuità degli eventi -).
Sventuratamente (e qui torniamo al significato di svolta che l'ultimo quinquennio ha rappresentato, maggio francese, primavera praghese, fine della guerra fredda, morte e trasfigurazione di Mao) questo saggio e vecchiotto a metodo storico in se , che gli storici di buona lena procuravano di mantener vivo e fecondo, è oggi spazzato dalla cliometria , la quale, ipotizzando uno storico perfettamente imbecille il quale asserisca che la guerra civile americana è stata causata dalla schiavitù, anziché dare a costui, per la sua grossola­nità e rozzezza, la patente, per l'appunto, d'imbecille, molto seriamente gli fa rilevare che egli può descrivere, ma non spiegare, siffatta concatenazione, la cui spiegazione, semmai, è. demandata alla cliometria ed alle sue ipotesi alternative (le quali, chi l'avrebbe mai detto?, non assolvono né condannano, ma si limitano, come i buon! imprenditori tedeschi ed ame­ricani nella Russia di Breznev, a stimare il prezzo di quella detcrminata politica).
Si tratta, naturalmente, di spiegazioni possibili in situazioni in cui il fattore poli­tico può essere largamente trascurato (e quando ciò sia possibile lo sa soltanto Gershenkron, ohe purtroppo s'è messo a dire anche queste badialità, con quel gusto dcll'ingagliofiunento, della * infarinatura , avrebbe detto Croce, che è tanta parte dei costume accademico contemporaneo).
E vediamola, dunque, questa politica dimidiata , nel saggio di Fenoaltea sull'espe­rienza industriale italiana dal Risorgimento alla prima guerra mondiale, un mondo, ahimè, e brutalmente complesso (nei diagrammi le alternative sono rappresentate da linee rette, mentre quelle maledette curve effettive del prodotto industriale sono tutte ad alti e bassi!) in cui la produzione meccanica e l'industrialismo della Sinistra giovano a semplificare le cose (ma Sella, Luzzatti, Sciuloja, lo stesso Spaventa ministro dei Lavori Pubblici, possono liquidarsi come ideologi agrari?) fino al semplicismo vero e proprio (che Crispi facesse la politica per amore delia politica nemmeno gli interpreti piò temperamentali Io con­sentirebbero! ) e addirittura alla contraddizione (se la politica della Destra può essere dan­nosa e quella di Gioliti! vantaggiosa all'industria, chi è, in ultima analisi, elio determino l'economia? e perché, ad esempio, ai scelse di proteggerà la siderurgia nascente anziché la meccanica in espansione?).
L'A. spinge all'estremo, contro Romeo il neoliberlsmo di Gershenkron, min un izza l'incidenza delle ferrovie, con qualche esagerazione (le ferrovie, da Cavour a Cattaneo, sono un tipico esempio di trasposizione civile di un dato economico, si penai al bel dibattito tra Correnti e Jacini sulla prospettiva piò o meno commerciale del loro significato unitario), privilegia II ruolo portante della meccanica (e quindi l'incidenza negativa del dazio sul-