Rassegna storica del Risorgimento

FERRARI GIUSEPPE; QUESTIONE MERIDIONALE
anno <1974>   pagina <76>
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Miiiti* politico. rullarsi* ed aaommtlro rensatuJU al Ira orni I servii. Né u. ivtnrno ri use Iva oaupreiidsra perché Napoli, fitta popow*a rkra 41 aseanv tnrntl e di tradizioni, dovosso d'un tratta Uooiettarel alla egemoni* pUsneav tese: 4 La dedizione iiKondUìonals slgnifìra rbe sarà Ubero II Piemonte di distruggerò lutto lo leggi napoletane par sostituirvi tutta le lagaj piemontesi,*) Queruli ima (rase allevò una tilt ondala di protone, arwhe dui 1/ufjWif aVJU SiuiIra, che l'oratore il vide costretto precisare In MU posizione. Egli u*m poneva in discussione ne il carattere de] governo piemontese, né I relativi pregi a difetti della NM lrsjslaain* In confronto a quella del regno dello Due S Ir il ir. mn piuttosto il diritto di Vittorio Ruinnuele II e dei suoi ministri di annettere tatto U Mezzogiorno e la necessita di introdurrò n nuovo ordinamento poli­tico ed amministrativo ralla baite di pietrine iti organizzati in gran fretta. Non v'era ombra di dubbio continuava il Ferrari che lo popolazioni meridio­nali aspirassero ad un nuovo governo che subentrasse alla dittatura provvisoria di Garibaldi; ma si poteva proprio dire che OMO volessero un nuovo ordina­mento? Perché non si voleva concedere a quelle popolazioni il tempo di deci­dere sulla loro aorte con più calma e con minori pressioni da Torino? Antici­pando le obiezioni di Cavour e dei moderati meridionali* il Ferrari dichiarava di aver riflettuto sugli argomenti presentati dal ministero per accelerare l'annes­sione del Mezzogiorno e di non averli trovate < né ottimi ne decorosi >
La ragione principale addotta dal moderati, perlomeno nelle discussioni parlamentari, era com'è noto il pericolo che la dittatura garibaldina la­sciasse la porta aperta al disordine ed all'anarchia, fomentando coti le speranze degli elementi filoborbonici. Dalla tribuna di palazzo Catignano, il Ferrari, che pnre non era mai alato garibaldino e che solo pochi giorni prima aveva espresso forti dubbi sull'acume politico del Generale, si vedeva costretto a respingere queste obiezioni ed a difendere quanto più abilmente poteva la dittatura gari­baldina. In primo luogo sosteneva il Ferrari le Due Sicilie facevano an­cora parte di un altro Stato su col il Parlamento riunito a Torino non aveva alcuna giurisdizione. In secondo luogo, i moderati non potevano censurare Garibaldi ed al tempo stesso reclamare i fratti delle sue vittorie senza dimo­strare la più meschina grettezza ed ingratitudine. Infine, come potevano Cavour ed i suoi amici dire in buona fede: e Noi governiamo meglio >? Non si ricor­davano forse più dei gravi disordini avvenuti a Milano nel 1848 e del malcon­tento fra le popolazioni di Lombardia e Toscana nel 1859? Vi era, bensì, il pericolo di disordini nel Mezzogiorno, ma l'immediata annessione, anziché allon­tanare quel pericolo, lo avrebbe probabilmente aggravato. Chi erano si chie­deva il Ferrari i più accaniti sostenitori dell'annessione immediata? Erano proprio i moderati meridionali filopiemontesi tra i quali si trovavano egli asseriva tra vivacissime proteste non pochi avventurieri ed opportunisti-Concludendo la prima parte di questo lungo e memorabile discorso, il Fer­rari esortava i suoi colleghi a riflettere che la dittatura garibaldina, pur con i suoi difetti, non era poi molto diversa da quelle esercitate dai moderati in Lombardia, in Emilia ed in Toscana.
Dopo una breve pausa, il Ferrari ritornava sugli argomenti degli annessio­nisti. Potevano essi vantare il diritto di conquista nel Mezzogiorno? No di certo, giacché 11 governo Cavour aveva negata ogni complicità nella spedizione dei Mille. Dicevano invece che con le annessioni si faceva l'Italia? Benissimo, ma
") Ibidem.