Rassegna storica del Risorgimento

anno <1974>   pagina <534>
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Maria Garbari
venuti a Firenze nel dicembre del 1910, distanza non solo di generazione ma, come nei confronti del Castellini, di mondo culturale. Egli si muoveva ancora nell'interno della logica positivista, ossia della razionale sistemazione della realtà che la giovane generazione aveva ormai smantellato e per questo aveva sì se­guito con interesse tutto il moto di rinnovamento del mondo culturale europeo, ma con Patteggiamento distaccato e critico di chi registra fatti senza alcuna par­tecipazione attiva o emozionale. Anche i nuovi fenomeni letterari lo avevano interessato vivamente e ad essi aveva dedicato una vasta parte delle sue pub­blicazioni, ma non per questo poteva convenire con una produzione di stampo decadente o rivolta a esperienze che distruggevano la classica cristallinità delle immagini. La fase estetizzante o mitologica (per usare il termine di F. Gaeta), del nazionalismo italiano rimaneva esterna al suo modo di sentire ma, forse, proprio per questa esteriorità egli aveva avuto modo di coglierne le componenti culturali soprattutto francesi ed anche il sottofondo derivato in parte da Sorel ed in parte da Nietzsche.
Da acuto osservatore coglieva i mutamenti della società mettendoli in in­terdipendenza con i mutamenti dell'opinione pubblica e degli strumenti di co­municazione del pensiero che condizionano i mutamenti stessi. Eppure, mentre rilevava il rapido cambiamento e la crisi dei valori tradizionali, egli teneva fede ad alcuni di essi, ritenuti essenziali nel campo della convivenza civile, dell'edu­cazione, delle tradizioni politiche, della dignità personale. Valori che, forse, non entravano proprio con logica coerenza in un sistema rigidamente positivistico, ma che potevano benìssimo coesistere con il positivismo come metodo, non come assunto iniziale. Così la sua entrata nelT Associazione nazionalista non fu do­vuta né a suggestioni dottrinali di moda né al rigetto del positivismo, che non era affatto una bruttura da gettare sul rogo delle vanità del Congresso, secondo l'immagine, più visiva che logica, offerta da P. M. Arcari. *)
Scipio Sighele poteva essere nazionalista finché questa corrente fosse ri­masta quale la giudicava G. Volpe: il vario nazionalismo per una moltepli­cità di componenti;2) ossia finché il nazionalismo non si fosse ancora politica-niente definito e potesse suggerire anche richiami a valori consacrati dalla tra­dizione risorgimentale. Basta del resto scorrere l'introduzione a Pagine nazio­naliste, scritta a Nago nel settembre del 1910, che si apre con la dichiarazione: Questo è un libro di fede e di propaganda s> e continua svolgendo il tema del patriottismo come educazione morale.
H volume contiene, in gran parte, scritti già pubblicati concernenti il tema dell'irredentismo come lotta per la difesa dell'italianità del Trentino: dalla que­stione dell'autonomia, ài problema della università italiana in terra austriaca, alla scarsa consapevolezza del paese delle condizioni delle terre irredente, alle delusioni per la politica estera italiana, all'affievolirsi del patriottismo.3) Sono
1) P. M. ASCARI, Le elaborazioni della dottrina politica nazionale cit., voi. II, p. 609.
2) G. VOLPE, Italia Moderna cit., vedi, voi. Ili, cap. IV, Il vario nazionalismo italiano, pp. 274-322. Vedi anche voi. II, cap. VI, Imperialismo, nazionalismo, patriottismo, pp. 341-381 nel quale il Volpe coglie la molteplicità e la varietà delle componenti dei nazionalismi anche in Europa: Il XX secolo si prcannunciava come il secolo dei vari nazionalismi , p. 365.
3) Vedi, in particolare, i primi sette capitoli di Pagine nazionaliste cit., dove ricom­pare, con aggiunte, La lotta per l'autonomia nel Trentino, L'università italiana a Trieste, la lettera al Luzzatti, e l'introduzione al volume del DE FHENZI, Per l'italianità del Gar-desee cit.