Rassegna storica del Risorgimento

anno <1974>   pagina <540>
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Maria Garbali
funzione di far affluire consensi al nazionalismo, rimaneva ancorato alla buona vecchia parola di Patria e ad un mondo quello liberale democratico in-compatibile col nuovo mito della potenza statale. Giudizio, questo dell'Arcar!, esattissimo, che isola il Sighele e lo scagiona dalla corresponsabilità con un indi­rizzo politico che è alle origini del fascismo; giudizio che, nato per dimostrare 1 limiti dell'uomo, ne esalta invece per noi la coerenza ideale nella difesa di valori irrinunciabili in un clima di contestazione eversiva.
Nella seconda parte de II nazionalismo e i partiti politici, viene esaminato il problema internazionale nei due aspetti -de La guerra e de L'imperialismo.1) Sono queste pagine che possono lasciare qualche perplessità perché sembrano mostrare un Sighele pienamente aderente alle tesi sulle quali, fondamentalmente, si era orientato il nazionalismo fin dal suo primo Congresso. Eppure, ad una lettura attenta, ci pare che egli adduca i motivi di adesione a questi postulati per convincere se stesso più che per farne l'apologia, mantenendo però sempre un tono esitante e rifugiandosi in argomenti a sostegno di carattere letterario o sociale o morale-pedagogico. Argomenti che sa benissimo non essere quelli dei nazionalisti ma che, sul piano morale, lo acquietano più delle giustificazioni uffi­ciali, se egli deve pur arrivare a certe conclusioni. Soprattutto rigetta le teorie del Corradini sulla guerra che riecheggiano il nòto sindacalista della violenza,2) ripugnandogli di associare il nazionalismo a quella violenza torbida che freme dalle pagine di Giorgio Sorel .3) Noi esaltiamo la guerra, non per uno spi­rito cieco di violenza, per una libidine di distruzione: noi l'esaltiamo anzi per mantenere e per accrescere la civiltà che rappresentiamo 4) protesta il Sighele, sperando che il suo pensiero, interpretando così quello dei nazionalisti, non appaia nn pensiero di barbari .
Una digressione di ordine psicologico e di ordine storico porta il Sighele a definire l'imperialismo difesa legittima del nostro nazionalismo, della nostra nazione che altrimenti sarebbe diminuita e soffocata .5) Un imperialismo difen­sivo, dunque, motivato in primo luogo dall'irredentismo, poi da una ragione di dignità , per riscattare la politica rinunciataria successiva alla sconfitta di Adua, infine dall'* opportunità dell'occupazione di Tripoli e dalla tutela degli emigranti. In queste pagine di teoria imperialistica poco ortodossa in rap­porto alla tesi nazionalista della guerra vittoriosa il Sighele inserisce una inte­ressante punta polemica contro coloro che hanno addossato al generale Baratieri, la colpa tecnica , alla democrazia la colpa morale della disfatta di Adua. ; Io penso invece che anche Francesco Grispi, come capo del governo, ebbe le sue colpe*) egli afferma, discordando dai mito di un Crispi colonialista senza macchia.7)
1) Gap. I, pp. 55-73; cap. II, pp. 74-91.
2) Enrico Corradini afferma che il nazionalismo è la politica nazionale della guerra vittoriosa e porta il paragone dei maestri del sindacalismo. E scrìve come questi dicono che Io sciopero generale è il termine o il mito del sindacalismo, cosi noi diciamo che il termine e non il mito della nazione è la guerra vittoriosa . Ibidem, p. 71.
S) Ibidem, p. 72.
*) Ibidem, p. 72.
5) Ibidem, p. 80.
*) Ibidem, p. 83.
7) Un busto marmoreo di Crispi assunto come simbolo del colonialismo, dominava il Congresso nazionalista di Firenze. Ricordiamo anche che il Sighele aveva impostato la riabi­litazione del Baratieri già nel 1901 con l'articolo Un vinto cit.