Rassegna storica del Risorgimento

anno <1974>   pagina <541>
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Il pensiero politico di Scipio Sighele 541
Nel capitolo II problema dell'ordine, sulla scia del Corradini è convinto che problemi interni della nazione, in senso assoluto, non ve ne siano, ma che tutti si proiettino nella politica estera. È convinto anche però che una espan-sione esteriore comporti la soluzione del problema del perfezionamento in­teriore . È, questo, per il Sighele il problema per ovviare alla degenerazione del­l'istituto parlamentare ed anche quello per superare la crisi degli ideali che ha scosso l'ordine tradizionale ed iniettato lo scetticismo nel mondo della cultura, in quello politico, in quello civàie. *) Vi è un bisogno di stabilità e di ordine, egli sostiene, cogliendo perfettamente le motivazioni psicologiche che spingono la comunità verso soluzioni politiche autoritarie, quando venga meno la autore­volezza dei principi della convivenza nella libertà. Ma il Sighele non pensava ad una autorità imposta dall'alto; sulla scia di Bissolati (L'autorità è tanto più grande in un uomo quanto più gli viene conferita largamente dagli altri uo­mini )2) pensava al suffragio universale come uno dei metodi più efficaci per restaurare l'ordine e la disciplina .3)
Stupisce, in quest'opera riguardante la teoria del nazionalismo, trovare le pagine dedicate dal Sighele al decentramento amministrativo, uno dei cardini di tutto il pensiero liberale democratico e ripudiato, per logica coerenza, da tutti i sistemi politici autoritari. Stupisce anche che egli assegni al nazionalismo il compito di fare sua questa istanza tipicamente democratica. Ma, a parte questa contraddizione iniziale, le pagine scritte dal Sighele sul significato ed il valore delle autonomie restano, fra le sue, fra le più penetranti ed attuali. Egli lotta contro lo Stato-Provvidenza che perseguita il cittadino fino nel suo Comune, nei suoi affari, nella sua famiglia anche perché - ed è una osservazione di straordinaria acutezza politica sotto il colore grigio dell'uguaglianza e quindi della giustizia, nasconde il -color rosso del despotismo .4) Riprendendo un suo scritto del novembre 1898 (pubblicato sulla rivista L'Humanité NouveUe di Parigi), egli condanna la centralizzazione amministrativa e legislativa, per­ché le leggi devono piegarsi alle varietà fisiche e morali del paese , non ope­rare un innaturale livellamento. Il decentramento, ossia la dottrina delle auto­nomie locali, nasce da motivi storici, economici, psicologici, di logica e di giu­stizia. Ed è assurdo pensare che l'amore per la propria regione degeneri in chiusura egoistica: esso, anzi, rappresenta la via per elevarsi alla devozione della patria, più amata se essa rispetterà la fisionomia tipica delle sue regioni. *)
*) Si combatteva contro tutto: colTixonia o coU'incredulità, quando non si combat­teva colla violenza. Eravamo dei ribelli o degli scettici per i quali nulla era certo, nulla era sacro.
Ora, quest'epoca di follia incredula sembra s'avvii al tramonto. Per reazione se non sempre per convinzione noi insorgiamo contro la mania demolitrice [...] E spunta un'idea comune, un bisogno di stabilità e di ordine, intorno al quale potremo discutere e trovarci divisi per il modo dell'attuazione, ma sulla necessità del quale siamo tutti d'ac­cordo . Il nazionalismo e i parlili politici cit., p. 112.
2) Ibidem, p. 106.
3) Ibidem, p. 106. *) Ibidem, p. 115.
5) il decentramento, che è in fondo la dottrina delle autonomie locali, dottrina de­terminata non tanto dal capriccio degli uomini quanto dai loro interessi e dai loro carat­teri di ordine economico e storico, risponde non solo a un principio di logica e di giustizia, ma risponde anche se mi è permesso di esprimermi cosi a un principio di psicologia. Il decentramento cioè rispetta quel sentimento della " piccola patria ", che molti credono un pregiudizio, che troppi vorrebbero distruggere come contradditorio e pericoloso al senti-