Rassegna storica del Risorgimento

anno <1974>   pagina <549>
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Il pensiero politico di Scipio Sighele 549
glia, Coppola, Marchetti; e Videa Nazionale aveva spinto per staccare dal na­zionalismo tutto il tronco democratico come elemento spurio e di debolezza (Lasciandoci ci fortificano sosteneva in un articolo del 9 maggio 1912).
Scipio Sighele il 17 maggio comunicava personalmente la notizia delle sue dimissioni dall'Associazione nazionalista a Cesare Battisti, con una lettera pubblicata sul Popolo il 20 maggio, nella quale precisava i motivi del suo di­stacco e riconfermava il carattere democratico del suo patriottismo.l) Il 22 mag­gio inviava una lunga lettera a Giovanni Pedrotti nella quale entrava anche in risvolti personali della vicenda: si dispiaceva che le sue dimissioni non fossero avvenute dopo un congresso e, soprattutto, si rammaricava dell'atteggiamento assunto nei suoi confronti da Livio Marchetti e si doleva di non avere consen­ziente nelle dimissioni il Pedrotti stesso (anch'egli iscritto alla Associazione nazionalista come diversi altri irredentisti trentini). Interessanti nella lettera sono però, più che gli accenni a vicende personali, i rilievi sul carattere reazio­nario assunto dal nazionalismo ( nazionalismo alla francese ) e la persuasione che, rinnovata ormai la coscienza nazionale italiana il compito del naziona­lismo sia in un certo senso già raggiunto (tema, quest'ultimo, che introdurrà le Ultime pagine nazionaliste).2) A poca distanza, il 25 maggio, Sighele scriveva
I Vedi II Popolo, a. XIII, n. 3600 del 20 maggio 1912. Su II Popolo n. 3596 del 14 maggio era apparso in prima pagina e con grande rilievo l'articolo L'uscita di Scipio Si­ghele dal partito nazionalista, che riportava la lettera di dimissioni del Sighele, le due lettere dirette dal Sighele al Franquinet, allora direttore del Nuovo Giornale di Firenze (la lettera del 21 aprile 1912 riportata integralmente per chiarire le polemiche suscitate dalle dimissioni). Proprio per precisare l'esatta portata dei fatti il Sighele scriveva a Cesare Battisti una lettera, riprodotta come articolo di fondo con il titolo Scipio Sighele ai fratelli trentini, sa II Popolo del 20 maggio, che riportiamo qui di seguito:
Firenze, 17 maggio 1912.
Caro Battisti,
Leggo riprodotta nel Popolo una parte della polemica intorno alla mia uscita dal par­tito nazionalista.
Sarebbe bene che questa polemica fosse conosciuta interamente per mettere a nudo certi metodi psicologici e certe mentalità politiche.
Ma poiché per fortuna in Italia c'è qualche cosa di meglio a fare che perdersi dietro a queste miserie, io non voglio più. oltre occuparmi di un fatto che riguarda la mia per­sona e che ha già troppo occupato i giornali.
Mi permetta soltanto, caro Battisti, di riaffermare ancora una volta le ragioni delle mie dimissioni. Me lo permetta per il rispetto e per l'amore infinito che io porto ai miei fratelli trentini. Sappiano i miei fratelli che se ho abbandonato l'Associazione Nazionalista, gli è perché non vedevo più in essa quel patriottismo limpido e democratico al quale in­tendo restare fedele. Coloro che dirigono l'Associazione avevano velleità reazionarie che ripugnavano al mio pensiero, e atteggiamenti ambigui e contradditori che mal si adatta­vano al mio temperamento. Perciò li ho lasciati.
Come ella vede, caro Battisti, è questo un fatto molto semplice che non ha bisogno di troppi commenti. I nazionalisti, senza di me, continueranno la loro via. L'avvenire dirà chi ha ragione.
Oggi, la coscienza mi dice che per amare e servire degnamente la patria, occorre anzitiutto esprimere ad alta e chiara voce la propria opinione. E spero che i miei fratelli trentini sappiano come io ami la patria e come vorrei servirla.
Mi creda, caro Battisti, cordialmente suo
Scipio Sighele . 2) Lettera a Giovanni Pedrotti, da Firenze, in data 22 maggio 1912. Da essa, per il suo interesse, riportiamo qui di seguito ampli stralci: ... Se sono uscito dal nazionalismo, è appunto perché i miei ex-amici non erano sinceri!