Rassegna storica del Risorgimento
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1974
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Maritò Garbari
ancora al Pedrotti una lettera più serena pregandolo di non suscitare polemiche ( soprattutto nel nostro Trentino, dove dobbiamo essere compatti contro un nemico comune ). Egli non amava le polemiche e condannava anche il contegno aggressivo dei nazionalisti contro i nostri generali e il nostro governo , volto solo a spargere nel popolo un senso di sfiducia. Certo che il contegno di alcuni nazionalisti come il Corradini, il De Frenzi, il Maraviglia, dei quali era amico, gli suggeriva tristi considerazioni (È una illusione che perdo): in essi non vi era sentimento di patria disinteressato , ma piuttosto arrivismo e la loro polemica nei suoi confronti aveva indignato lo stesso Castellini. Ringraziava il Pedrotti delle richieste se egli dovesse restare ancora in relazione con questi uomini, ma non poteva onestamente decidere per lui ( Tu sei un patriota puro, senza secondi fini [...] e sarei fiero e tu fossi con me [...] Ma fa quello che vuoi. Non tocca a me darti consigli. Fa quello che il cuore ti detta ). Esprìmeva poi la sua fede nel nazionalismo, portatore di valori che non si legavano ai singoli uomini: E ho fede che, se vivrà, vivrà con le nostre idee.1)
Questo tono, fondamentalmente distaccato e sereno, sarà tipico della sua ultima opera sul nazionalismo, le Ultime pagine nazionaliste, pubblicate nel 1912, dopo che era già intervenuto il sno sfratto dall'Austria. D lavoro aggiunge ben poco alle posizioni ideologiche del Sighele, già chiaramente espresse ne II nazionalismo e i partiti politici dell'anno precedente. In esso sono contenuti, come già si disse, gli articoli che costituirono causa occasionale dell'allontanamento dalla Associazione nazionalista e dello sfratto dall'Austria. Interessanti sono i capitoli dedicati al nazionalismo francese e al socialismo italiano, con panico-
Scrissi la lettera al Battisti perché vidi che il Popolo aveva riportato parte della polemica, e perché si diceva nel giornale che molti volevano sapere perché io fossi uscito dal partito.
Allora pensai che fosse simpatico che io dicessi brevemente questo perché. E lo dissi al Battisti, giacché il Popolo era stato il primo a tirarmi in ballo. Lo avrei detto all'Alto Adige se questo si fosse occupato della questione. Ma ch'io mi sappia YAlto Adige non se ne occupò. E d'altra parte YAlto Adige è legato al Livio Marchetti, il quale non tenne verso dì me in questa vertenza il contegno che avrei immaginato. Egli firmò l'ordine del giorno della Giunta Esecutiva che mi accusava di un fatto non vero', e mi spiacque te lo dico francamente [...]
II nazionalismo oggi è in crisi e la colpa se colpa può dirsi è di coloro che con atteggiamenti politici ambigui e con attacchi volgari e ingiustificati verso di me (che mi pare ho dimostrato, se non mi illudo, di essere buon patriota) hanno voluto costringermi a un abbandono del partito che avrei voluto compiere solo dopo un Congresso.
Credo, del resto, che il compito del nazionalismo sia in un certo senso già raggiunto, perché tutta l'Italia ormai è nazionalista. Possono, e debbono, restare nel partito adesso soltanto coloro che lo vogliono fare uno strumento di reazione contro i metodi democratici. Ed io rispetto questo nazionalismo alla francese, ma a patto che esso sia sincero, e che non voglia negare quello che veramente è. Lo rispetto, ma lo abbandono.
Mi duole di non averti consenziente ma credo che ciò dipenda dal fatto che tu, come è naturale, non sei a giorno di tutti i fatti che hanno determinato la mia condotta.
Per fortuna, tra i giornali e le lettere che ricevo, non ce n'è uno che mi dia torto, tranne si capisce Videa /V'azionale, e i componenti della Direzione dell'" Associazione Nazionalista * Il Colajanni mi scrisse l'altro giorno d'aver ricevuto una lettera di Ergisto Bezzi, il quale è precisamente del mio parere [...] Ti ripeto che, se mi ha dispiaciuto e mi ha un poco sorpreso che tu non abbia preso le mie parti in questa questione dove io sono stato attaccato , non per questo ti voglio meno bene, e ti ringrazio anzi della tua sincerità .
i) Lettera a G. Pedrotti, da Firenze, in data 25 maggio 1912.