Rassegna storica del Risorgimento

anno <1974>   pagina <560>
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Maria Garbari
della figura e dell'opera di Scipio Sighele; *) la scrittrice Antonietta Giacomelli2) suirZco Adige del 17*18 ottobre, regalava alla consolazione dei lettori l'imma­gine di un Sighele salvo anche oltre la morte, accennando a lettere private nelle quali egli si sarebbe accostato al problema della fede e dell'aldilà. La So­cietà degli Alpinisti Tridentini, della quale egli era diventato socio fino dal 1887, lo nominava socio perpetuo in memoria e devolveva, in 6UO ricordo, un fondo di Cor. 250 per le guide alpine.3)
Così, davanti alla lapide del cimitero di Nago che con sapore romantico portava inciso il verso dantesco L'ombra sua torna, ch'era dipartita, nasceva il mito Sighele e si offuscava, in questa glorificazione, il reale contorno della sua figura di uomo di cultura e di politico. E taluno, anche nella terra trentina, dimenticò che la sua forza era stata quella di non aver capito perché l'amore di Patria avesse dovuto essere sostituito con il sacro egoismo , di non aver se­guito il Corradini quando spiegava che Patria è sinonimo di amore, na­zione di potenza. Egli sosteneva ironicamente P. M. Arcari morì prima degli sviluppi più coerenti del nazionalismo, prima delle teorie popolazioniste; rimase un difensore dei popoli deboli, un illuso romantico al quale il futuro avrebbe riservato la smentita dei suoi ideali più cari : Il Sighele che difen­deva con intensità, con calore, il diritto del suo piccolo Trentino di fronte al maggiore Tirolo, che apprezzava il diritto dei popoli deboli e poco numerosi, avrebbe visto in questa sua Italia tanto amata, esaltare il diritto dei popoli nu­merosi. Lui che, vedendo passare le schiere boeme e croate per le vie della sua Trento battendo forte il piede a consolidare il dominio delle terre di conqui­sta, per loro e per i loro padroni alemanni, aveva forse ripensato al verso man­zoniano " cui fu prodezza il numero ", lui avrebbe udito i nazionalisti migliori, i più consci e i più preparati come il Rocco accettare e difendere la tesi popola-zionista. E il Corradini stesso accogliere con entusiasmo l'idea, tutti aderirvi, anche quelli ai quali egli riconosceva assoluta integrità di coscienza. Anche loro gli avrebbero detto Sì, l'Italia vuole la potenza del numero aggiungendo Anche noi fummo uniti quando tornammo ad essere numero [...] Così gli avrebbero detto, senza poter nulla per lui povero buon Sighele! che moriva come Don Giovanni Verità senza più vedere, in un mondo che non in­tendeva più . *)
Questo scriveva P. M. Arcari per escludere Scipio Sighele dalle reali com­ponenti politiche ed ideologiche del nazionalismo italiano: una esclusione oscil­lante fra il tono della compassione e dell'ironia. E, involontariamente, questo
1) Vedi Alto Adige, a. XXVIII, n. 260 del 13-14 novembre 1915; n. 263 del 17-18 no­vembre; n. 265 del 22-23 novembre; Il Popolo, a. XIV, n. 4049 del 17 novembre 1913.
2) Antonietta Giacomelli (Treviso 1857-Rovereto 1949). Scrittrice fecondissima (75 pubblicazioni) aperta alle esigenze di rinnovamento della Chiesa specie nel campo sociale, in contatto con numerose personalità della cultura italiana, legata al movimento cattolico d'avanguardia cadde, con due sue opere, sotto la condanna operata nei confronti del mo­dernismo. Fu anche patriota ed irredentista. Era imparentata con la moglie di Sighele An­tonietta Rosmini: infatti la madre della Giacomelli era una Rosmini di Rovereto, seconda cugina del filosofo Antonio Rosmini
3) Vedi Bollettino detta Società degli Alpinisti Tridentini, a. X, n. 5 sett.-ott. 1913, cit.
4) P. M. ARCASI, La elaborazione della dottrina politica nazionale cit., voi. II, pp. 741-742.