Rassegna storica del Risorgimento

ADDETTI MILITARI ITALIANI GRECIA 1904-1908; ADDETTI MILITARI IT
anno <1974>   pagina <586>
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586 Antonello Folco Maurizio Biagini
sospetto, per quanto molti BÌ accordino nel dire che Abd ni Hamid non avesse istinti sanguinari. Sospetto e spionaggio paralizzavano la vita di tatto un popolo, vivente sotto l'incubo di Hildiz, che si sentiva nell'aria. Noi pure, stranieri, sog­getti alle leggi nostre, appartenenti alle rappresentanze di grandi potenze e perciò ospiti onorati e privilegiati, noi pure sentivamo intorno a noi, nei sudditi otto­mani che conoscevamo, quella vaga impressione di timore e di incertezza domi-nauti. Uno scritto, una parola, una delazione portava la rovina in una famiglia. La rivoluzione del luglio scorso, scoppiata improvvisamente e trionfante in cosi breve tempo e con così moderato sforzo, lasciò sperare in un avvenire migliore. L'unanime consenso del popolo nelTadottare una costituzione così liberale, com'è quella turca, fece credere a molti specialmente in Europa la nazione già atta a governarsi con le forme rappresentative. I gruppi che avevano fatto la rivoluzione, e cioè i Giovani Turchi, non presero apertamente le redini del po­tere, ma si costituirono in una specie di consigli segreti di tutela del governo che sotto il nome di comitato di Unione e progresso dirigeva tutti gli atti del ministero. Molti del comitato, vissuti per anni all'estero, imbevuti di teorie più che non fossero a contatto con il popolo, oltrepassarono il segno, vollero tutto mutare in breve tempo, invece che modificare poco per volta tenendo conto del­l'indole, delle tradizioni, della religione. Il passaggio da un regime ad un altro (anche da un regime cattivo ad uno buono) è causa di molti spostamenti di inte­ressi privati che un saggio legislatore deve cercare di rendere il men che si può dannosi. A nulla di questo pensò il comitato e, nei primi mesi, una quantità di famiglie di funzionari invero inutili furono messi sul lastrico : persecuzioni, processi, prigionie, confische alienarono l'animo di molti. Sopravvennero difficoltà di ordine esterno: l'annessione della Bosnia-Erzegovina, la proclamazione dell'in­dipendenza bulgara. Si dovettero fare apparecchi militari, stornare l'attenzione del governo dalle cause interne, sospendere le riforme allo studio per parare al perìcolo bulgaro e alle gravi decisioni alle quali l'Austria poteva essere indotta dal boicottaggio delle sue merci. In questo difficile periodo di crisi, il ministero di Kiamil condusse con abilità e prudenza le cose : ma inviso al comitato, perché non voleva governare sotto la tutela di quell'ente segreto ed irresponsabile, cadde sotto la taccia di illiberale lasciando il posto ad Hi Imi pascià come Gran Vizir. Fu allora il trionfo completo del comitato governante secondo il suo sistema senza assumere la responsabilità del potere; ma spadroneggiando alla Camera per mezzo del suo presidente; nell'esercito e nella marina con i molti ufficiali che vi erano affiliati. Ma il malcontento contro questa egemonia dei Gio­vani Turchi si andava accentuando, ed un forte partito, che aveva per formula libertà costituzionali nell'ambito della legge mussulmana dello Sheri si an­dava costituendo. Prendeva il nome di Akrar (il plurale arabo di u/ier, libero e cioè i liberi) ed a questo nucleo si accostavano tutti coloro, di diverse tinte (sempre però partigiani della costituzione), che osteggiavano il comitato. La stampa eccessivamente libera, non frenata dalle consuetudini dei paesi civili né da opportune leggi moderatrici, inveleniva le questioni, abbassandosi alle più violente e aspre accuse. In questa lotta fra quelli che con vocabolo occidentale, si potrebbero chiamare il partito avanzato e i liberali costituzionali , tutti coloro che, o per la posizione perduta, o per le loro convinzioni religiose rim­piangevano il passato regime, tutti i Vecchi Turchi che si sentivano feriti nel loro orgoglio di razza dominante dalla proclamata uguaglianza coi rajà cristiani, riprendevano il contatto fra di loro e con la massa della popolazione mussulmana, contatto che nei primi tempi dopo la rivoluzione era stato interrotto; e qui i fa-