Rassegna storica del Risorgimento

CAMERANI SERGIO
anno <1974>   pagina <595>
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Sergio Canterani 595
Inglesi sapeva che non erano così: la campagna anglofoba non riusciva a pene­trare sotto l'epidermide del popolo italiano, se si fa eccezione di coloro in numero piuttosto ristretto che in politica non sapevano ragionare con la testa propria e bevevano tutte le fandonie che venivano loro raccontate ("C'è scritto sul giornale! " come se fosse il Vangelo). Gli Italiani, invece di rifarsela con gli Inglesi, cominciarono ad osservare con crescente preoccupazione ed avver­sione il progressivo espandersi della potenza e prepotenza nazista. Lì vedevano il pericolo, e vedevano giusto .
Dopo questa lezione che, con una piccola modifica del titolo di una deli* ziosa commedia dei fratelli Quintero, potremmo chiamare Àsi no se escribe la historia, Sergio tornava all'argomento che più gli stava a cuore, la differenza tra il comportamento degli Italiani nel 1915, quando Mack Smith non era ancora nato, e nel 1940, quando toccava i vent'anni. Ma ecco, mentre ascoltavo, frullarmi per il capo un'altra osservazione: raccogliere le testimonianze, d'ac­cordo, ma fermarsi per il momento lì. La storia serena, imparziale non può essere ancora scritta non solo perché mancano ancora documenti (se si debbono pubblicare tutti si aspetta un pezzo) ma perché si tratta di un periodo che ha lasciato una scia di rancori, di odi lontani dall'essere spenti... Occorre capire che gli Italiani sono entrati in guerra nel 1940 con questo spirito di rassegnata passività. E quando un popolo si trova in questo stato d'animo, in contrasto coi propri capi è lecito domandarsi se sia stato il popolo a tradire, oppure coloro che lo hanno condotto là dove non voleva andare: anzitutto il Duce, in piena decadenza intellettuale, incapace di comprendere la volontà e l'interesse del popolo che guidava; poi gli altri per paura o per desiderio di potere riluttanti a fare runico gesto possibile: dimettersi .
Non è il caso di addurre altre testimonianze della validità di Sergio Ca-merani come serio cultore di storia. Anche se, quando la Consulta del nostro Istituto, nell'ottotbre 1969, lo nominò socio onorario, Egli si affrettò a scrivere: Sono rimasto sbalordito, ed è la pura verità. Non capisco perché si sia fatto questo alto onore alla mia modestissima persona. Io non posso vantare né grandi pubblicazioni, né insegnamenti: nulla. Ho fatto il segretario di una Società. Eh, ma questo non è un merito. In ogni modo ti ringrazio affettuosamente e di cuore pur convinto, convintissimo di non meritare questa distinzione.
Aveva fatto il segretario di una Società , è vero, ma, a parte che il vecchio Carducci considerava titolo d'onore essere paragonato a un asino di Omero, quell'ufficio, cui si consacrò con la sorridente, ferma tenacia che poneva in tutte le Sue cose non gli era dispiaciuto. Si veda quello che ne ha scritto nel fascicolo celebrativo del venticinquennio della Società toscana per la storia del Risorgimento (Gli anni difficili* Memorie di un segretario) : Dovunque andassi, qualunque cosa facessi, quello era il mio destino. Scommetto che se invece di nascere an tempi in cui si veniva al mondo borghesemente in casa propria, avessi lanciato il primo vagito, come si usa oggi, in una grande clinica, i miei coetanei poppanti mi avrebbero eletto subito segretario all'unanimità. Ad ogni modo quella carica mi andava a genio, perché ero ancora abbastanza giovane e pieno d'entusiasmo rÌBorgiraentale .
Tutti, in realtà, pensavano che quella nomina a socio onorario spettasse di pieno diritto a chi aveva dato alla luce opere egregie, diretto con saggezza l'Archivio di Stato di Firenze (contribuendo in modo eroico al salvataggio dei preziosi materiali sommersi nell'acqua e nel fango della tragica inondazione del 1966), incitato e aiutato con singolare disinteresse studiosi italiani e stra-