Rassegna storica del Risorgimento
MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO
anno
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1974
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pagina
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611
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Libri e periodici 611
date da Cadorna. Questo accurato diario, anche se in parte ripubblicato nel 1971 a cura di E, Morelli in edizione semi clandestina dal Civis, è stato poco sfruttato. Dalla sensibilissima percezione del De Aniicis riceviamo tutta una serie d'impressioni svariate, bozzetti, scene di costume popolare, raccolte lungo il cammino percorso insieme alle truppe. Entusiasmo e commozione trapelano da ogni immagine. Nessun accenno polemico, neppure contro la scarsa combattività dei soldati pontifici, ma una grande smania di arrivare a Roma. La marcia verso la futura capitale è un pellegrinaggio che gente di ogni sorta, emigrati, fuorusciti, curiosi italiani e stranieri, compiono accanto alle truppe, superando ogni privazione, attirati dal miraggio della citta eterna. Ventrata in Roma è sentita come l'apice di un processo puramente emotivo: la breccia dì Porta Pia è aperta più dalla passione che dalla forza militare. Con le immagini dell'entusiastica accoglienza fatta dal popolo romano ai liberatori, si chiude la terza testimonianza posta a termine dei volume, lasciando al lettore un'impressione viva e compiuta del grande evento, come si era ripromesso il De Mattei nella Premessa.
MARIA GAIA CAJO
La politica estera dell'Italia negli atti,, documenti e discussioni parlamentari dal 1861 al 1914, volume II, tomo I (1876-1883), a cura di GIACOMO PBTICONE; Roma, Segretariato Generale della Camera dei Deputati, 1973, in 8, pp. rx-787. S.p.
Dall'avvento della Sinistra al potere all'indomani della Triplice, sette anni di difficile e laborioso orientamento per la Consulta fino all'approdo sospirato e tranquillizzante di un'alleanza formale, dopo che l'indipendenza del Visconti Venosta si era innegabilmente trasformata in un allarmante isolamento. Anni estremamente ardui, bisogna convenirne, rispetto ai quali la vecchia formula progressista dell'autonomia delle nazionalità all'egida di un potente liberatore, agitata ancora dal Miceli sul finire del 1876 a proposito rispettivamente dei Balcani e della Russia, contro quell'integrità della Turchia che appariva deteriore eredità inglese dal peggiore sistema metternichiono, rivelava tutta la sua povera, ed essa sì davvero anacronistica, inadeguatezza.
Ma la caratteristica maggiore di questi mesi che assistono alla ripresa veemente della questione d'Oriente è la scissura in atto nelle fila di quella Sinistra che poc'anzi è stata così poderosamente rafforzata dal voto elettorale, Petruccelli che sposa la causa degli imperi del Nord altrettanto incondizionatamente che Musolino quella turcofila di Disracli, il ministro Melegari che concilia audacemente, su vecchia piattaforma spiritualistica mazziniana, liberalismo e cristianesimo per delineare una politica estera atta a sfatare le diffidenze dell'Europa conservatrice nella salvaguardia rigorosa del controllo parlamentare (temi, questi, che meriterebbro approfondimenti non solo ideologici e costituzionalistici), Cavallotti che vede nella Francia della reazione militarista e clericale il terreno di prova per tutto il liberalismo europeo, quello italiano in primissima linea, il presidente Depretis che riassume queste memorie e queste aspirazioni sotto un bandierone infallibile, il vangelo del 1789 che è la negazione del Sillabo .
Si tratta di posizioni destinate a sviluppi tanto interessanti quanto velleitari, Miceli in senso confederale, Musolino per la resurrezione dell'antica intesa tra Vienna e Londra, lo stesso Visconti Venosta per una sorta di cantuccio italiano d'influenza sulla Grecia, che bilanci quella di altre potenze nel resto della Balcania, Cavallotti che riprende vivacemente la prospettiva di entrambi gli oratori, e l'armonizza e l'approfondisce in senso antirusso, e d'indipendenza nei confronti di Berlino, in quel dibattito della primavera 1878 che meritò non a caso la sagace attenzione di Federico Chabod, e che il leader radicale indirizza su due direttive fondamentali, Bucarest a nord, Atene a sud, qualcosa che faccia naufragare le ambizioni, bulgare fomentate da Pietroburgo ma anche gli aggruppamenti jugoslavi cari a Miceli, una chiara barriera agli Slavi come tali, insomma, che dà la mano a certo Maz zini ed a certo Crispi su una linea caratteristica e costante dell'estrema democratica.
Ma il congresso di Berlino e la caduta di Calcoli, unitamente con le avvisaglie del protezionismo industrialistico su piano europeo, qui documentate, forse insufficientemente, con un discorso di Luzzatti, determinano ben presto quel. sentimento penoso di cui parla