Rassegna storica del Risorgimento

MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO
anno <1974>   pagina <616>
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Libri e periodici
una prospettiva che nella sua motivazione di fondo è schiettamente eeonomicistica, e dà ra­gione, ad esempio, del ritorno al PSI, nell'atmosfera concitata del diciannovismo, di uno dei principali tra gli espulsi di Reggio Emilia, il Cabrini.
Il Nostro, scomparso alla vigilia della rivoluzione d'ottobre, non potè assistere a que­sto ritorno di fiamma del vecchio operaismo, ma la sua collaborazione olTintransigenza rivo­luzionaria della Soffitta ribadisce con sicurezza un approdo anti-turatiano che, con tutta la sua approssimazione, è importante e sintomatico.
In questo senso crediamo, quindi, che vadano ripresi e sviluppati gli interessanti spunti del Briguglio, fin qui condotti solo per la prima dozzina d'anni di vita del PSI, circa la persistenza di una tradizione schiettamente operaista all'interno del partito, ed in quest'ambito la parabola di Gnocchi Viani è indubbiamente rimarchevole, anche per il suo vivace riemergere polemico dopo il decennio di sindacalismo apolitico, e sostanzialmente subordinato al paternalismo conservatore, di fine secolo, che a buon diritto ha meritato la serrata requisitoria del Merli.
Altrettanto innegabilmente, come suggerisce Briguglio, saranno da approfondire i contributi culturali e gli elementi sociologici di siffatta atmosfera operaistica, da Malon a Schaeffie, i cui riflessi si avvertono in ampissimo orizzonte democratico, nelle screziate sfu­mature delle ideologie socialistiche nell'età del positivismo, studiate a suo tempo dal Bul-feretti, ma che richiedono una ripresa ed una verifica.
Pensiamo nondimeno che, al di là delle dispute teoriche sul collettivismo anarchico
o della vexata quaestio (che non è falsa, come pensa l'amico Briguglio, ma seria e grave,
se ne potrebbe discutere con riflessi attuali) circa la primogenitura di Pisacane o di Bakunin
alle origini dell'internazionalismo nel Mezzogiorno, l'interesse di un ritratto a tutto tondo
di Gnocchi Viani e dei suoi compagni di lotta operaistica sarebbe soprattutto ideologico e
politico, darebbe ragione di certe componenti, il pacifismo, l'internazionalismo, un certo
eclettismo pratico, se non propriamente dottrinario, caratteristiche e durature nella storia
del socialismo italiano.
RAFFAELE COLAPIETRA
GUIDO BATTI, Il Corriere Mercantile di Genova dall'Unità al fascismo (1861-1925) (Studi e ricerche sul giornalismo, 5); Parma, Guanda, 1973, in 8, pp. 265. L. 4.000.
Certamente opportuna e utile, anche se per certi aspetti prometta più di quanto non riesca a mantenere, questa monografia si inserisce nel filone di ricerche promosse dal Cen­tro di studi sul giornalismo Gino Pestelli di Torino, il cui frutto più maturo è stato fino ad ora il grosso volume di Aldo Alessandro Mola su Stampa e vita pubblica di pro­vincia nell'età gioliuiuna, 1882-1914, pubblicato nei 1971 dall'editore Mursia. E c'è senza dubbio da rallegrarsi che questo nuovo contributo su Genova, stimolato dal Centro, abbia per oggetto, dopo tanti studi sulla stampa d'ispirazione democratica e mazziniana, uno degli organi più significativi di parte liberale, espressione della borghesia imprenditoriale italiana in uno dei suoi centri più fiorenti e dinamici.
Più che una storia del giornale, la ricerca del Ratti si presenta come una dettagliata rassegna delle posizioni assunte dal Corriere Mercantile sui principali problemi politici ed economici, via via offerti al vaglio del suo direttore e dei suoi redattori dalla vita pub­blica italiana di oltre mezzo secolo. Più casuale e lacunosa probabilmente anche a causa di una incompleta documentazione d'archivio appare invece l'analisi, pur presente, delle vicende interne del giornale: negli spostamenti d'equilibrio all'interno della proprietà, nei mutamenti di direzione, nei rapporti con la vita cittadina e le forze politiche che vi opera­vano. È anzi proprio l'immagine di Genova, con il suo porto, i suoi commerci, le sue indu­strie, le sue lotte municipali, che esce affatto sbiadita dalle pagine del libro.
Va anche aggiunto che in non pochi casi l'esposizione dell'atteggiamento del giornale su alcune grandi questioni della politica nazionale è alquanto imprecisa, sì da lasciare il lettore con una impressione di incertezza e di confusione. SI prendano, ad esempio, i cenni dedicati dal Ratti all'iniziale ostilità del Corriere Mercantile nei confronti della politica