Rassegna storica del Risorgimento
MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO
anno
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1974
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pagina
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619
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Libri e periodici 619
come si debba fare la storia d'un giornale: la storia esterna, che considera ciò che il giornale ha stampato, le firme che vi compaiono, le ragioni del suo successo; e la storia interna, che analizza le vicende spesso complicate di proprietà e di redazione, i retroscena politici e finanziari che rimangono celati al grosso pubblico. Solo la libera disponibilità della documentazione d'archivio permette allo studioso di ricostruire tale storia nei particolari e di essere preciso e non reticente, e va dato atto alla Società editrice del Carlino d'aver messo a disposizione del Bellocchi il suo archivio, mentre altri documenti egli ha rintracciato in archivi pubblici e privati, importante fra tutti quello di Giuseppe Villani, capo-redattore per ventiquattro anni, e testimonianze preziose ha raccolto verbalmente, specie da Carlo Pelloni, amministratore dal 1940.
Vien fuori cosi da queste pagine l'illuminante storia d'un giornale, inserita nella storia politica, economica e culturale d'una regione popolosa come l'Emilia, che ha un importante centro universitario come Bologna, e ricche province agricole e industriali. Nacque, con un nome di sapore goliardico, ad opera di quattro giovani laureati in legge, Cesare Chiusoli, Alberto Carboni, Francesco Tonolla e Giulio Padovani, il 21 marzo 1885, minuscolo ed agile quotidiano destinato ad un successo insperato. Infatti, in pochi giorni, esso portò la sua tiratura a 10.000 copie e riscosse, con i suoi commenti ispirati alla difesa radicale dei principi di democrazia e di libertà, consensi più larghi del previsto. La sua organizzazione si affinò, aumentò la pubblicità, comparvero i primi necrologi, gli abbonamenti crebbero, eppure il bilancio restò deficitario: era tempo di passare ad una gestione meno garibaldina. Ciò avvenne nel dicembre, con la cessione del quotidiano alla Democrazia bolognese, di cui era esponente l'avv. Amilcare Zamorani. Cresciuto nel formato (e nel prezzo) Il Resto del Corinto fu organo liberale e progressista, con buoni collaboratori e corrispondenti, diffuso in tutta la regione; ebbe presto bisogno di nuove macchine e di tipo-grana propria; assorbì La Patria e s'irrobustì con la collaborazione di uomini d'affari e di cultura, fra i primi il Testoni, il Panzacchi, il Ricci, il Rapisardi, Augusto Murri. Nella sua sede ebbe luogo lo <c storico incontro a tavola fra il Carducci e il d'Annunzio anch'esso fermato dalla penna del disegnatore Nasica.
Ammalatosi lo Zamorani, la direzione dell'organo democratico e popolare viene affidata a Pio Schinetti che ne mantenne l'orientamento anticlericale e fìlomassonico, seguito pure da Guido Sestini. Solo nella estate del 1909, durante il decollo dell'economia italiana, la Società Poligrafica è ceduta all'Associazione agraria provinciale. Ne conseguono proteste da sinistra e consensi da destra, poiché il cambiamento di proprietà segna naturalmente una svolta in senso moderato, con la nuova direzione di Umberto Silvagni. Una tinta più chiaramente nazionalistica, ma propria del nazionalismo democratico che fu del-rOriani, del Pascoli e del Labriola, il giornale l'acquista intorno al '10, per aprirsi nel '12 con la direzione di Mario Missiroli a un maggior impegno culturale e sociale contrassegnato dalle firme di Amendola, Prezzolini, Papini, Cocchi, Pareto, poi dall'atteggia. mento liberal-nazionale nei confronti della guerra di Libia, infine dal deciso interventismo propugnato nel 1914-15 (quando il Carlino pubblicò l'importante serie di articoli di Scipio Slataper, purtroppo sfuggiti all'attenzione del Bellocchi).
Nella crisi del dopoguerra, il Carlino conserva un colore liberalnazionale sotto la direzione del Missiroli, non nasconde le sue simpatie per il fascismo con Quilici e Moni-celli, ma condanna le illegalità e le violenze squadristi che; infine, dopo un periodo di transizione, passa alla gestione diretta del P.N.F. ed ha per direttore Giorgio Pini. La sua sto-ria non finisce qui, perché ancora nella crisi del '43 Dino Grandi pensa di poterne fare io strumento d'un irrealizzabile fascismo democratico, ha poi per un mese alla sua direzione Alberto Giovannini, si riduce quindi a bollettino ufficioso della repubblica di Salò. Solo nel '53 il Giornate dell'Emilia che lo sostituì con la Liberazione, riprende il titolo prestigioso e l'indirizzo liberale del Reato del Carlino, interprete delle contrastate vicende italiane d'ottanta anni, attraverso la penna di centinaia di collaboratori. Dei loro migliori articoli è offerta in conclusione del ricco volume odierno una varia e consistente antologia.
SERGIO CELLA