Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA POLITICA INTERNA 1865-1867; MENABREA DI VAL DORA LUIGI F
anno <1975>   pagina <18>
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Luciana Duranti
cioè la sua caduta (23 dicembre 1867) a meno di venti giorni dalla riapertura delle Camere (di dicembre) e a meno di due mesi dalla sua formazione (26 ottobre): per la prima volta da che Vittorio Emanuele era salito al trono e proprio con un presidente del Consiglio passato nella cornane opinione quale rappresentante di un deplorevole conservatorismo reazionario, si ebbe una crisi ministeriale provocata da un voto del Parlamento, con pieno ossequio delle forme costituzionali. Si realizzò dunque quanto Menabrea stesso aveva esposto nel suo programma il 18 dicembre: Noi vogliamo vivere costituzio­nalmente, vivere forti collo Statuto; in conseguenza noi desideriamo che vi siano in questa Camera due partiti chiaramente distinti, uno a sinistra, l'altro a destra; uno che sarà del movimento e dell'impazienza, l'altro che sarà, direi, dell'ordine interno, del riordinamento dello Stato e della prudenza... Questo è il nostro programma: col Parlamento noi andremo avanti e non diversa­mente >.2)
I motivi della crisi del ministero sono da ricercarsi nella pesante eredità lasciata dal Rattazzi a Menabrea, che non potè che concludere il bilancio di errori inizialmente di altri. All'indomani della formazione del nuovo governo, costituito senza uscire dall'ambiente ufficiale e di corte, era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un proclama del Re, aperta sconfessione dell'impresa garibaldina con la dichiarazione d'illegalità del movimento volontaristico e insieme proclamazione della volontà di trovare un utile componimento che valesse a porre un termine alla grave importante questione dei Romani... d'accordo con la Francia, secondo il voto del Parlamento . Il testo era stato redatto dal marchese Gualterio, indicato per il ministero dell'Interno, e con tribui sensibilmente a creare una sorta di diffidenza nei riguardi del nuovo ministero parlandosi in esso di questione dei Romani invece che di que­stione di Roma, omettendosi ogni accenno alla convocazione del Parlamento, riconoscendosi implicitamente che la Convenzione di settembre non aveva più vigore e tuttavia facendo una dichiarazione aperta e solenne in favore del­l'alleanza francese: la stampa trovò nel documento un senso di paura e di minaccia, in un momento in cui l'Italia attendeva conforto e speranza e questo spiacque molto aggiungendovisi il mancato inizio di una forte azione diplomatica.3) Altrettanto impopolare fu l'ordine impartito dal Mari, ministro della Giustìzia, e dal Gualterio, di ridurre all'impotenza gli sforzi del Partito d'Azione non lasciando partire nessun giovane diretto al confine pontificio, non permettendo manifestazioni con grida sediziose e reprimendole all'occor­renza, vietando la stampa di manifesti incitanti alla rivoluzione contro il governo del Re e all'insurrezione romana.4)
Inoltre Gualterio, ritenendo indispensabile lo scioglimento del Comitato centrale di Firenze per il soccorso ai feriti, divenuto ormai un ministero, le cui attività erano divise in vari rami e tra i cui dirigenti emergeva Grìspi, chiese per tale atto l'approvazione del Mari che dette di suo beneplacito in quanto questi Comitati, essenzialmente politici, ausiliatori e favoreggiatori del-
2> CAMERA DEI DEPUTATI, Atti parlamentari. Discussioni, legisl. X, sess. 1867, 18 di­cembre, p. 3224.
3) L'Opinione, 28 ottobre 1867, a. XX, n. 299, p. 1; Il Diritto, 29 ottobre 1867, a. XIV, n. 297, p. 1.
*) M. MARI, L'arresto di Garibaldi e il ministero Menabrea, Firenze, 1913, p. 19.