Rassegna storica del Risorgimento
ITALIA POLITICA INTERNA 1865-1867; MENABREA DI VAL DORA LUIGI F
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1975
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Luciana Duranti
tando la situazione del paese nell'agilairsi dei partiti, nello sconvolgimento dell'esercito e di fronte alla minaccia dell'intervento francese. Il presidente del Consiglio fu semplice ed esplicito, a volte duro, lasciando trasparire l'amarezza per le accuse rivoltegli dalla stampa e nei comizi. Dichiarato che il ministero Rattazzi aveva rassegnato le sue dimissioni in seguito alla risoluzione della Francia d'intervenire a Roma e che il generale Cialdini non era riuscito a comporre un nuovo gabinetto, rivolse parole di lode ai colleghi che avevano avuto l'abnegazione di associarsi a lui nella direzione dello Stato, in una situa* zione così grave. Insiste sulle condizioni dell'esercito e sulla necessità di rafforzarlo, giustificando così la formazione del corpo di canarie divisioni mobilizzate. Nonostante l'esiguità delle forze, il Governo aveva creduto opportuno entrare nel territorio pontificio per affermare il proprio diritto, per soddisfare la richiesta delle popolazioni che volevano l'occupazione di truppe regolari per riparare ai disordini avvenuti in seguito all'invasione, e per facilitare la ritirata alle schiere di volontari che avessero ascoltato il proclama del 27 ottobre. Ma dopo il fatto di Mentana, dopo che lo Stato pontificio non appariva più in pericolo, le truppe erano state richiamate spontaneamente , sia per non lasciare nessun pretesto alle truppe francesi di rimanere lungamente nel territorio pontifìcio , sia per impedire che si perpetuasse l'occupazione e venissero altre truppe a rinforzare quelle che erano già entrate. Respingiamo con disdegno tutte le asserzioni che si potessero fare circa i morivi che c'indussero a ritirare le nostre truppe: non vi fu pressione, non vi fu intimazione, nulla di tutto questo... . Menabrea non aveva dunque preteso dalla Francia il ritorno allo statu quo ante perché non riusciva a comprendere quale altra politica sarebbe stata possibile con una forza di soli dodicimila combattenti effettivi. Il presidente del Consiglio, che aveva precedentemente giustificato l'arresto di Garibaldi, annunziò l'amnistia per i reati d'invasione del territorio pontificio; indicò la somma che era stata messa a disposizione del governo per i feriti nei combattimenti avvenuti sul territorio pontificio , ma sottolineò la distinzione tra quei generosi che esponevano la loro vita e coloro che stavano dietro le file ad aspettare il premio del sangue, se vi era la vittoria, e che correvano a nascondersi nelle tenebre delle cospirazioni se vi era la sconfitta, e naturalmente suscitò vivacissime proteste da parte delle sinistre. Quindi, rivolgendosi più alla Francia e alle altre potenze che ai deputali del Parlamento italiano, espose i motivi per cui l'Italia non poteva fare a meno di Roma, ma aggiunse, riconfermando i deliberati della Camera nella seduta del 27 marzo 1867, che a Roma si poteva giungere solo coi mezzi morali, e a questo proposito ricordò le parole di Cavour.B)
Non esisteva, secondo Menabrea, una questione di Roma, ma una questione dei Romani; l'idea di Roma veniva da lui concepita sono parole di
commercio; Mari, ministro di Grazia e Giustizia; Cantelli, ministro dei lavori pubblici; Broglio, ministro per la pubblica istruzione; Bertolc-Vialc, ministro per la guerra. Con successivo decreto 8 novembre prossimo passato venne nominato ministro della marina l'ammiraglio Provana, e con successivo decreto del 1 corrente mese il ministro Broglio fu incaricato del portafoglio di agricoltura e commercio .
u) CAMERA DEI DEPUTATI, Atti parlamentari. Discussioni, legisl. X, sess. 1867, tornata 5 dicembre, p. 2980: ce Noi dobbiamo andare a Roma, ma a due condizioni: noi dobbiamo andarvi di concerto con la Francia... Noi dobbiamo andare a Roma senza che l'autorità civile estenda il suo potere all'ordine spirituale .