Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA POLITICA INTERNA 1865-1867; MENABREA DI VAL DORA LUIGI F
anno <1975>   pagina <33>
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Luigi Federico Menabrea
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pione chiarificatrice non era voluta da nessuna delle parti politiche della Ca­mera. Si decise quindi la chiusura e prima della votazione nominale prese la parola Menabrea che dichiarò fra l'altro: Uomini d'ordine hanno creduto di stendere la mano a quegli uomini che sostengono il Governo nell'arduo suo compito... L'onorevole Ferraris ed i suoi amici hanno riconosciuto, dopo l'espe­rienza di diciotto mesi, che il ministero è nella via la quale, secondo il loro pensiero, può condurre al riordinamento del nostro sistema finanziario e dello Stato in generale. Quando io parlo d'uomini d'ordine, intendo parlare di uomini ligi allo Statuto, fuori del quale non c'è che disordine, sia in giù sia in su .5I) La votazione si risolse con 168 voti favorevoli, 22 contrari, 77 astensioni, tra cui quelle di Crispi, Depretis, La Porta e Rattazzi. È probabile che questi ultimi cominciassero a sentirsi abbandonati e non avessero il coraggio di pro­nunciare un no, sentendo che tale voto non avrebbe incontrato sufficiente con­senso né alla Camera né fuori.
Il 7 maggio Menabrea annunciò alla Camera che in seguito alla ricosti­tuzione della maggioranza , il ministero si era dimesso e che il Re gli aveva dato l'incarico di ricomporlo.52) Ma l'espressione non piacque affatto al Dina che sull'Opinione del 10 maggio scriveva: Noi diciamo riconciliazione dei partiti... perché non crediamo veramente che il fatto del 3 corrente si abbia a considerare sotto l'aspetto ristretto di una combinazione parlamentare, ma bensì sotto quello di un importante avvenimento politico .s) In effetti, gli accordi che determinarono la formazione del terzo ministero Menabrea ave­vano avuto la conseguenza di dissipare gli equivoci e di far dissolvere una formazione che, non avendo un carattere seriamente politico, non poteva più vivere di risentimenti a carattere regionalista. H fatto che la Permanente ve­nisse a far parte di un ministero presieduto da Menabrea, che aveva avuto non piccola parte nella stipulazione della Convenzione di settembre, e includente Min ghetti, l'uomo del 1864, significava che era stata messa una pietra sopra un passato increscioso e che qnindi il partito piemontese aveva riconosciuto di non aver più alcuna ragione d'essere o alcuna funzione da esercitare. Che poi questa alleanza non sia stata utile a ridare stabilità al Governo già pericolante, non può inficiare l'importanza intrinseca della riconciliazione della Permanente con la Destra. Restava l'interrogativo di come la formazione piemontese avrebbe conciliato il suo nuovo atteggiamento con quello di pochi mesi prima, quando aveva censurata l'azione del Governo accusandolo di accentramento, spese ecces­sive, imposte male studiate e peggio attuate, cattiva direzione del ministero della Guerra e indirizzo politico incerto e fluttuante. Ed è a questo interroga­tivo che si appuntarono l'ironia della stampa e le amare conclusioni del Bonghi, secondo cui il nuovo ministero avrebbe avuto meno numerosi e meno saldi difensori contro un numero di poco ridotto di oppositori più violenti; si sa­rebbe creata quindi una situazione insostenibile, perché un Governo composto con così poca considerazione degli effetti che la sua formazione avrebbe pro­dotto ned partiti dal cui seno era variamente estratto , non avrebbe potuto né reggersi solidamente, né essere distrutto da qualcuno di quelli senza discre­dito proprio.54) In apertura della seduta del 14 maggio, Menabrea annunziò
m Ibidem, p. 10372.
52) Ibidem, 7 maggio 1869, p. 10455.
53) L'Opinione, a. XXH, 10 maggio 1869, n. 129, p. 1. *) R. BONGHI, op. cifc, voi. II, Firenze, 1929, p. 196.