Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA POLITICA INTERNA 1865-1867; MENABREA DI VAL DORA LUIGI F
anno <1975>   pagina <36>
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Luciana Duranti
col dissolvere il ministero Menabrea e il Parlamento stesso a.63' U discorso continuava in modo sempre più amaro e rassegnato fino a diventare un giu­dizio complessivo, quasi un epitaffio per i tre ministeri Menabrea: dopo Men­tana il governo avrebbe avuto la forza, se avesse avuto il concetto, di restau­rare le finanze, e di rinvigorire e risanare il temperamento politico della Ca­mera e del Paese; invece ha proceduto come se tra l'un fine e l'altro non vi fosse alcuna connessione, e pur di restaurare le finanze, non importasse di scio­gliere peggio la compagine d'influenze e di persone, sulla quale finora la poli­tica moderata e liberale s'è solo retta in Italia. L'effetto è stato che prima che scorressero due anni, noi ci siamo trovati in tali condizioni morali e politiche, che la soluzione della questione di finanza si trova ora fermata, e siamo incerti quale possa essere domani il partito che venga al governo; ed ogni forza nel paese s'è come annientata, e ci dibattiamo in questo trilemma, che il ministero non è in grado di reggersi, l'assemblea non è in grado di formarne veramente un altro, e ad elezioni generali non si può ricorrere senza azzardo grandissimo, e di rim petto a questa difficoltà, che cogli andamenti attuali nessuna parte di amministrazione funziona bene nel paese, e non vi ha libertà che vi s'usi la quale non vi si converta in licenza .M) Anche Lanza si esprimeva molto dura­mente negli stessi giorni condannando senza appello tutto l'operato dei mini­steri Menabrea: Dal '60 in poi l'Italia non fu mai peggio governata e le povere finanze colano a fondo a vista d'occhio... Lo Stato attuale per poco che duri mina irreparabilmente. L'unica tavola di salvamento sta a mio avviso in un nuovo ministero ed in una nuova Camera ispirati dal santo concetto di sal­vare il paese dalla bancarotta .6S) Il ministero, esautorato moralmente di fronte all'opinione pubblica, fu indebolito anche dal disaccordo tra Cambray-Digny, Ferraris e il terzo partito. In particolare Ferraris si vedeva attaccato al di fuori dagli antichi amici e osteggiato in consiglio specie dal Pironti, per cui il 22 ottobre si dimise assieme al guardasigilli, incolpato dai colleghi di troppa energia. Al loro posto furono nominati rispettivamente Di Rudini e Vigliani. Ferraris lasciò il segno del suo passaggio al Governo per aver abolito molti dei Commissari distrettuali che restavano in ufficio nel Veneto, ma per il resto si può dire che il confusionario e turbinoso 'susseguirsi degli avvenimenti gli aveva precluso ogni possibilità di dare evidenza alla sua funzione con un'azione di carattere strettamente politico. La sua sostituzione con Di Rudini, uomo non appartenente al Parlamento, dimostrava che il ministero aveva perso ogni illu­sione di rafforzare la propria base attraverso l'apporto di nuovi appoggi parla­mentari. Veramente la situazione era difficile: la Camera era divisa in tante parti da non potersi ragionevolmente sperare in una maggioranza; il tentativo di riunire i tre gruppi della Camera era andato a vuoto. Forse l'unica soluzione era tentare un appello al paese sperando di ottenere una Camera che offrisse una maggioranza: si trattava indubbiamente di un rischio, ma qualsiasi risul­tato era preferibile allo stato d'impotenza e di paralisi che dominava, e co­munque era più conforme alla vera vita costituzionale. Ma non si fece niente di questo: il 19 novembre si ventilò in Parlamento la questione di fiducia nel*
tì) R. BONGHI, op. ciu, p. 205. ) Ibidem.
tó) C. DE VECCHI DI VAL CISMON, Le carte di Giovanni Lanza. Torino, 1937, voi. IV, p. 272, Lanza a Dina 29 luglio 1869.