Rassegna storica del Risorgimento

ELEZIONI AMMINISTRATIVE ROMA 1892
anno <1975>   pagina <60>
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Mario Casella
generale astensione non si darà dai liberali che furono il Papa, i vescovi e i preti, che impedirono agl'elettori di recarsi alle urne: anzi avranno visto che se anche i preti, specialmente in Roma, si fossero astenuti, forse forse non si facevano le elezioni per assoluta mancanza di elettori. In secondo luogo, certi amanti ad ogni costo dell'intervento dei cattolici alle elezioni non potranno dire che questa generale astensione sia l'effetto nefasto di un divieto ponti­ficio, come si va dicendo per le elezioni politiche. In terzo luogo nutriamo vivissima fiducia che, tanto i liberali moderati quanto d cattolici elezionisti comprenderanno, od almeno dovrebbero finalmente comprendere, che il ter­reno elettorale è completamente sfatato, e che il popolo italiano istintivamente sente che come da lui e per lui non furono fatte queste istituzioni, così esse non sono esercitate per lui, ed anzi sono usate sempre contro di lui . In ciò, a giudizio dell'Osservatore, era da ricercare l'inavvertita, ma pure gagliarda cagione >di quella, che ora suolai chiamare cinica apatia, o colpevole diserzione si pei diritti come pei doveri di cittadino e di cattolico . Per il giornale vati, cano, si sente che tutto è artifizio, è convenzione, è inganno, è mistificazione: elezioni, elettori ed eletti non sono che attori successivi d'una medesima com­media, la quale appunto perché è sempre la stessa, si è già resa monotona, noiosa, seccante, insopportabile. E anche in ciò si fa come si fa per tutto quello che non piace: si fa niente (...) . Si noterà concludeva L'Osservatore che l'astensione, quale ai verifica in Italia nelle elezioni, sì politiche come amministrative, non accade in nessun'altra nazione d'Europa. Questo significa evidentemente due cose. La prima è che il popolo italiano non è molto pro­penso a simili finzioni costituzionali massoniche; la seconda è che in Italia, più che altrove, la rivoluzione ha in pratica peggiorato anche di più, e reso mag­giormente impopolare l'intrinseco difetto di simili meccanismi massoni e libe­raleschi. Si vede pertanto in quale circolo vizioso e in quale petizione di prin­cipio sono costretti i poveri popoli di aggirarsi, per liberarsi alfine dall'incubo massonico e rivoluzionario, da cui sono oppressi e schiacciati. Il terreno elet­torale, che sarebbe il terreno della lotta, è occupato da un nemico prepotente e capace di tutto per mantenervisi ad ogni costo: bisogna quindi lottare senza campo di battaglia. Ecco perché, di fronte a ciò, la gran massa degli elettori rinunzia alla lotta.79)
Un altro motivo molto presente nei commenti cattolici e non soltanto cattolici alle amministrative romane era l'elezione di Francesco Crispi.
si fosse recato alle urne, e a Bologna, dei 54 seggi elettorali fosse stato possibile formarne una mezza dozzina soltanto.
) Ivi.
80) Come s'è visto, Francesco Crispi, pur superando la prova, non era andato al di là del quinto posto nella graduatoria delle preferenze. Ciò diede motivo ad alcuni giornali libe­rali della città per riprendere la polemica della vigilia sulla candidatura dello statista sici­liano. Ci fu L'Opinione liberale, ad esempio, che, senza fare il nome di Crispi, ma eviden­temente alludendo a lui, così commentò l'esito delle elezioni: Il trionfo si ottenne non per merito della lista, ma malgrado di essa, malgrado, cioè, la inopportunità di alcune scelte e del segreto in cui fu avvolta l'opera del Comitato (21 giugno 1892, p. 2, Le ele­zioni amministrative di Roma). Dalla parte opposta dello schieramento liberale, la filoori-spina Tribuna accusava i moderati di aver boicottato i candidati di sinistra in generale e Crispi in particolare. Ma perché si domandava il giornale di Attilio Luzzatto la lista dei candidati liberali fu composta così? Gl'intransigenti proseguiva non sono solo in Vaticano. C'è in Roma un nucleo di moderatucoU i quali hanno costantemente por-