Rassegna storica del Risorgimento
ELEZIONI AMMINISTRATIVE ROMA 1892
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1975
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Elezioni amministrative a Roma 1892
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t Da oggi scriveva ironico L'Osservatore Romano Roma può alzare lo stendardo della vittoria; essa è salva! Crispi, il grande Crispi, il benefattore della città, è stato eletto consigliere! L'ingratitudine umana l'ha condannato, è vero, a star dopo un Grandi e un Desideri, che, a paragone <K lui, sono due nani: ma egli nella incommensurata bontà dell'animo suo, saprà perdonare lo smacco, e non priverà il Comune dei suoi lumi, della sua oratoria educata, dell'arte che ha di far piovere quattrini ovunque poggia le mani (...). Siamo curiosi proprio di sentire il primo discorso del consigliere Crispi, parlante in nome dei romani che non gli hanno dato il voto, e a favore di quei quasi ottomila piovuti qui da ogni parte d'Italia, che vogliono bene a Roma come il fumo agl'occhi. Da qualche tempo ci si annoiava su alle sedute del Consiglio; ringraziamo i numi, anzi la dea Ragione, che ci hanno ridato un po' di divertimento dandoci Crispi consigliere! .81) Il nome di Roma incalzava La Voce della Verità, echeggiando L'Osservatore e contestando la romanità di Crispi anche questa volta, è preso a prestito per farlo servire d'insegna, affine di dedurne conseguenze che ripugnano alla dignità ed alla coscienza dei cittadini romani, per i quali Francesco Crispi non può significare fuorché la negazione assoluta della romanità, quegli che ha avuto a zimbello il decoro della Capitale del mondo, che aveva in animo di toglierle ogni autonomia, che l'ha comandata a bacchetta, che l'ha messa sotto la più rigorosa tutela, che l'ha dichiarata inabile ad amministrare il proprio patrimonio coll'opera e col senno dei suoi cittadini, che ha trattato, in una memoranda circostanza, alla presenza di tutte le nazioni congregate in Roma, il Capo dell'amministrazione capitolina, che era un gentiluomo e un patrizio, come un facchino. E perché? Perché questo Capo, questo gentiluomo, questo patrizio non si sentì obbligato, per far piacere a lui, Francesco Crispi, di mancare ai primi elementi del galateo .82)
L'astensione e il parziale insuccesso di Crispi furono dunque i temi principali non i soli83) cui ricorse la stampa cattolica per mascherare in qualche modo la sconfitta dell'Unione Romana e attenuarne la portata. Tutto sommato, però, agli organi cattolici era difficile nascondere un certo imbarazzo
tato nelle elezioni comunali la nota stonata delle loro indiscrete pretese. Quando queste pretese furono sdegnosamente respinte, essi si allearono coi clericali. E coi clericali furono battuti. Quando furono prò borio pacis accettati, portarono nel lavoro e nel risultato elettorale il sussidio della mosca, la quale crede di far girare la ruota del mulino. La loro importanza, specialmente numerica, è nulla. E le elezioni di ieri (...) tale la dimostra. Prendiamo le cifre, confrontiamole in ogni senso: la differenza che corre fra i candidati della Costituzionale e i democratici, cui i moderati hanno negato il loro appoggio risulta di 250 voti! Lo si vede tanto confrontando i voti del Settimi e quelli dell'operaio Casciani quanto ripetendola fra l'Ostini e il Crispi; per il primo dei quali i moderati intransigenti hanno votato, e per l'altro no (La Tribuna, 21 giugno 1892, p. 1, Le elezioni di Roma)*
M) L'Osservatore Romano, 21 giugno 1892, p. 3, Roma è salva!
**) La Voce detta Verità, 22 giugno 1892, p. 1, Roma e Francesco Crispù Evidente, nell'ultima parte, l'allusione alla destituzione del Sindaco Torlonia, avvenuta, ad opera del Crispi, nel dicembre 1887, avendo il Capo dell'amministrazione comunale capitolina reso pubblico omaggio al Vicario pontificio per il giubileo di Leone XIII (sull'episodio: A. CARACCIOLO, Roma Capitale dal Risorgimento alla crisi dello Stato liberale, Roma, Rinascita, 1955, p. 193 sgg.).
83) Tra i temi minori, ricordo l'accusa fatta ai liberali di propaganda scorretta. I liberali denunciò L'Osservatore Romano (21 giugno 1892, p. 3, Le elezioni di ieri) fecero di tutto per trionfare, abusando perfino dei nome del Conte di Cainpello e di quello del Conte Vespignani, per disperdere i voti nel IV mandamento .