Rassegna storica del Risorgimento
IRREDENTISMO; QUESTIONE ADRIATICA
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1975
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Irredentismo e questione adriatica
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ed anche fanatico, molto ostile alla Francia dopo l'intesa di questa con la Russia, ma la propria debolezza numerica (20.000 unità su una popolazione di 500.000 anime) non gli consentiva di rappresentare un certo ruolo che nelle elezioni municipali.
Logorati dal problema dell'irredentismo, nonostante una reciproca volontà di salvaguardare l'impegno triplicista, i rapporti tra i governi di Roma e di Vienna subivano altresì il condizionamento della rivalità nei Balcani occidentali. Già l'Adriatico, per la preponderante presenza navale austro-ungarica, militare e mercantile, stava avviandosi a divenire un lago tedesco , benché l'opinione pubblica italiana ne avesse soltanto percezione più che fondata certezza. Indubbiamente la frontiera marittima dell'Italia, di per sé vulnerabile in Adriatico per la configurazione delle coste, si presentava in quel settore, non esistendo muniti porti militari che facessero da contrappeso a Pola ed a Cat-taro, più scoperta ancora di quella terrestre a nord-est del paese. Li campo mercantile la supremazia della bandiera austro-ungarica vi veniva assicurata dall'esercìzio quasi esclusivo del traffico di cabotaggio lungo le due penisole e delle linee di navigazione con il Levante e l'Estremo Oriente, nonché dal monopolio del servizio in Albania, con il risultato, politico e non solo commerciale, di frapperei all'instaurazione d'una corrente di prospere relazioni tra l'Italia e le coste montenegrine ed albanesi. Scoraggiati nei loro traffici, unico privilegio rimasto agli italiani sembrava essere l'uso corrente della loro lingua nella marineria.
I Balcani occidentali rientravano nella peculiare e legittima sfera d'influenza della duplice Monarchia, ma su di essi gravitavano pure interessi italiani. È risaputa la circostanza, riportata da Loiseau, della missione nelle maggiori capitali europee compiuta nell'autunno 1877, perdurando la guerra russo-turca, da Crispi, dai cui incontri con Derby e Bismarck emergeva la favorevole disposizione di Londra e Berlino ad un insediamento italiano in Albania nell'eventualità d'una occupazione austriaca della Bosnia e dell'Erzegovina.16) Poiché in ispecie sull'Albania, ed in misura minore sul Montenegro, convergevano più o meno recenti aspirazioni italiane stimolate da motivi di varia natura. Anzitutto, da un punto di vista militare, appariva essenziale per la sicurezza del territorio nazionale impedire il controllo di un porto strategicamente importante come Valona, situato di fronte a Brindisi, da parte di una grande potenza che già possedeva Pola e Cattaro. Nell'ambito invece della missione di civiltà intrapresa dall'antica Repubblica di Venezia, si collocava la salvaguardia del patrimonio linguistico e culturale italiano; infatti, nel tratto costiero dalla frontiera montenegrina a Corfù, l'italiano costituiva la lingua abituale dei commerci ed era in uso presso la classe agiata, mentre nelle zone dell'interno la sua diffusione veniva favorita dalla presenza di un clero in parte d'origine italiana ovvero autoctono ma con un bagaglio di studi acquisito in Italia. Infine sussisteva una relazione tra i due paesi rappresentala dall'esistenza in Puglia, in Calabria ed in Sicilia di una minoranza albanese di circa 150.000 individui che, pur partecipando a Lutti gli effetti alla vita civile del paese d'adozione e mescolali a tutti a livelli sociali (comprese alte cariche dello Stato, come nel raso esemplare di Crispi, d'origine siculo-albanese), mantenevano vive le tradi-
'6) Loiseau riferisce nel suo rapporto informazioni attinte dalla voce di Crispi in una visita ch'egli fece all'anziano statista italiano a Napoli nel 1899.