Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA STORIA COSTITUZIONALE 1849-1948
anno <1975>   pagina <487>
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uomini del suo tempo, e quindi, tale da poter essere considerato per le sue idee come una tipica voce dell'epoca descritta nella mia Storia, F. C. Savigny, parlando dello Stato, poteva definirlo come forma concreta della spirituale comunanza del popolo . È chiaro, quindi, che uno studioso di storia costituzionale deve, a pena di non capire assolutamente nulla del tema che pretende di studiare, incen­trare il suo lavoro su quello Sfiato che gli uomini dell'Ottocento privilegiavano al punto di esaltarne ruolo e funzione. Se dal citato Savigny o dallo Hegel che, per essere stato quasi il maestro di Marx, presumo ora sia noto a tutti per le sue teorie statalistiche, scendiamo in Italia e pensiamo a Spaventa, ne avremo una definitiva e schiacciante prova. E se gli uomini di quell'epoca così la pensavano, perché noi dovremmo abbandonare del tutto la descrizione della loro mentalità, delle loro idee, del loro modo di concepire rapporti civili e giuridici per seguire indirizzi e orientamenti oggi alla moda?
D fatto, poi, che io abbia seguito nella mia Storia un criterio espositivo diacronico anziché un altro, non meglio individuato, ma che la Zanni Rosiello avrebbe forse preferito e che poteva essere quello sincronico, caro a sociologi e politologi, non mi sembra davvero gran colpa. Ho seguito, come primo autore di una descrizione delle vicende costituzionali italiane, dopo l'Arangio Ruiz, un metodo antico e sperimentato che, tra l'altro, mi consentiva di ricollegare facil­mente quelle vicende allo svolgimento della più generale storia del paese e, quindi, poteva apparire anche più. chiaro per i lettori abituati, se non dallo stori­cismo idealistico, almeno dal buon senso, a comprendere in qualche caso solo empiricamente la successione dei fatti, in altri, invece, a verificarli nella loro sequenza in base ai noti concetti di evoluzione e svolgimento. Probabilmente, se avessi seguito l'opposto metodo, usato frequentemente dai giuristi nei loro trat­tati e nei loro manuali istituzionali, sarei stato rimproverato per opposti motivi e, forse, in nome di quello storicismo del quale, almeno spero, siamo tutti disce­poli ... Comunque il metodo usato, che seguiva la successione dei ministeri, il rinnovo delle legislature e la formazione della normazione statale comunque inte­ressante la vita pubblica del paese, mi ha permesso di fornire quel quadro essen­ziale della nostra storia costituzionale che finora mancava e che, mi auguro, altri adesso potranno completare nelle immancabili lacune, rettificare in eventuali er­rori e superare con nuove impostazioni.
Tra questi spero di vedere anche la Zanni Rosiello, cosi attenta a ricercare frammenti e piccoli brani della mia Storia nello sforzo di mettere in luce quelle contraddizioni, quegli errori e quelle tensioni dell'epoca da me studiata, che il libro, però, non avrebbe posto sufficientemente in rilievo, e così tenace nel reite­rare la sua veemente condanna dello Stato liberale nato dal Risorgimento, fonte di mali e guasti passati e presenti. A me, onestamente, e a molti altri come me, questa condanna fa sorridere perché rivela come, pur dopo trent'anni o quasi di violente polemiche storiografiche contro la costruzione statale risorgimentale, ta­luno paventi che questa eserciti ancora sul piano ideale una grande forza di sug­gestione. Altrimenti a che prò, dopo che da ogni parte se ne è constatato e dichia­rato il decesso, e che le sue forme istituzionali sono state progressivamente sosti­tuite da altre che ci auguriamo siano ancor più funzionali e durevoli, continuare a contestarle e a condannarle? I morti non possono fare paura se non a chi crede agli spiriti. Ma, per la stima che voglio avere per la Zanni Rosiello, non posso ritenere che tema i fantasmi.
CARLO GHISALBEUTI