Rassegna storica del Risorgimento

MUSEO DEL RISORGIMENTO DI MANTOVA
anno <1975>   pagina <504>
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Libri e periodici
ali. L'attenzione, come osserva il Miele, andrebbe portata anche sulla valutazione dell'ef­fettiva consistenza della ricchezza degli ecclesiastici in generale e degli ordini religiosi in particolare: le affermazioni dei riformatori del Settecento sulla potenza economica della Chiesa sono state accettate senza controllo dalla storiografia posteriore, mentre da molti documenti risulta che le proprietà erano oberate da pesi che ne diminuivano fortemente il reddito. Il discorso, anzi, andrebbe allargato ad una problematica più vasta. Ben poco si sa, per esempio, sulla scelta politica dei religiosi, non tutti e non dovunque avversi al nuovo ordine di cose, sulla vita che essi condussero una volta usciti dai conventi, sui rap­porti col clero secolare al quale si aggregavano.
In realtà la soppressione degli ordini religiosi non va vista soltanto negli aspetti eco­nomici, finalizzata allo studio della formazione di una nuova classe dirigente, la borghesia. Nel rinnovato fervore di ricerche sulla vita religiosa, un'indagine rivolta quasi esclusiva­mente al rapporto Stato-Chiesa ed al trasferimento di una certa quantità di beni da un ceto all'altro non soddisfa più lo storico, che vuole volgere l'occhio al nesso Chiesa-società per vedere come concretamente nei primi decenni dell'Ottocento il clero rispose non solo alle difficoltà causate dai rivolgimenti politici, ma anche alle esigenze di rinnovamento cultu­rale e strutturale imposte dai tempi.
Il Miele, pur prospettando l'urgenza di affrontare questa complessa tematica, si muove nell'ambito più ristretto degli aspetti politico-economici della soppressione delle corpora­zioni religiose. Anche limitatamente a questo campo non si è ancora avuta l'utilizzazione sistematica di tutte le fonti disponibili. II saggio del Miele è rivolto appunto a sottolineare l'importanza di un fondo dell'Archivio di Stato di Napoli finora poco sfruttato, l'archivio del ministero del Culto (confluito nell'età borbonica nel ministero degli Affari Ecclesia­stici), recentemente riordinato e divenuto di più agevole consultazione.
In effetti le carte del ministero del Culto permettono una più precisa ricostruzione della politica ecclesiastica dei due Napoleonici]. I principii direttivi che presiedono all'abo­lizione delle corporazioni sono illustrati da relazioni di carattere generale, alcune delle quali ignote: particolarmente importante è quella dello Zurlo del 7 agosto 1809, riportata nella sobria appendice documentaria, che espone le ragioni che rendono opportuna la sop­pressione degli ordini religiosi possidenti e non possidenti, ed indica il modo della sua realizzazione, rappresentando la più efficace introduzione all'esame delle leggi emanate in pari data. Non meno interessanti sono le circolari, spesso sconosciute, come quella del 17 maggio 1806, con cui, appena all'inizio del regno di Giuseppe, si invitano i vescovi a presentare una statistica completa dei conventi. Attraverso il carteggio tra il ministero e le autorità periferiche civili e religiose, poi, risultano evidenti i criteri seguiti dal governo, le ragioni dei successivi provvedimenti, le difficoltà volta per volta incontrate nella sop­pressione delle case, nella concentrazione dei religiosi anziani, nella sistemazione di quanti si dedicarono all'attività parrocchiale o all'insegnamento.
Si tratta di un'azione non rettilinea, che richiede per l'appunto un esame articolato dei vari momenti. In un clima di sostanziale ostilità verso gli ordini religiosi non mancano manifestazioni di fiducia, quale l'obbligo di aprire scuole gratuite in dieci conventi di Na­poli imposto dal decreto 31 ottobre 1806, cui fa seguito l'invito della legge 13 febbraio 1807 a tutti gli ordini mendicanti a chiedere incarichi del genere, e la successiva esten­sione di compiti di insegnamento a case femminili.
L'incertezza tra la fiducia e la sfiducia nei monaci, irrecuperabili a compiti social­mente utili per il Miot e per 0 Roederer, capaci invece di assicurare il funzionamento del­l'insegnamento elementare per il Serra di Cassano ed il Capecelatro, caratterizza la poli­tica di soppressione di Giuseppe Bonaparte, che ubbidisce a spinte eterogenee. Durante il regno di Gioacchino una più rigida applicazione dei decreti di soppressione già emanati è inaugurata con la permanenza dello Zurlo al ministero di Giustizia e Culto (febbraio-novembre 1809). Nello stesso periodo si fanno indagini sulla situazione economica dei con­venti e sono emanati i decreti di soppressione del 7 agosto, illustrati dalla relazione prece­dentemente citata, che colpiscono pesantemente gli ordini religiosi. Sulla realizzazione del vasto piano di soppressione, cui il governo dedica molte energie negli anni successivi, l'Autore dà notizie particolareggiate, riferendosi anche a situazioni locali particolarmente indicative.