Rassegna storica del Risorgimento
MUSEO DEL RISORGIMENTO DI MANTOVA
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Libri e periodici
LUIGI BULFERETTI, Cesare Lombroso; Torino, UTET, 1975, in 8, pp. XXV-605. L. 12.000.
Questa biografia di Cesare Lombroso si presenta come una trattazione positiva sul più autorevole rappresentante del positivismo materialistico in Italia.
11 pensiero e le opere di Lombroso (1835-1909) vengono, infatti, strettamente inseriti nel contesto politico, economico, ideologico e culturale dell'epoca e legati, anche, alla particolare personalità del soggetto, alla sua formazione e all'ambiente familiare e sociale. Ne viene fuori una figura estremamente originale di studioso infaticabile: medica, scienziato, letterato, pubblicista, nel quale ideale scientifico e senso sociale ed etico si fondono insieme.
Quello che interessa a Bulferettì, è chiarire la particolare posizione di Lombroso nel-1 ambito generale del positivismo italiano: la sua formazione essenzialmente razionale-illu-ministica, sotto la giuda di un botanico, dopo aver ripudiato il retorico classicismo delle scuole tradizionali, pur nell'ambito di una tradizionale famiglia ebraica, con un padre religiosissimo e nel clima, ancora, dei grandi ideali romantici; e soprattutto, l'unione, in lui, di naturalismo e storicismo, storicismo di stampo vicinano, di cui vi era una lunga tradizione in Veneto (Lombroso era nato a Verona), che traeva dal Vico l'attenzione al fatto , il filologismo, le teorie sulla lingua e le ce nazioni , e l'interesse per i rappresentanti della Scuola storica come il Savigny, dal che gli derivava l'interpretazione storicistica dell'evoluzionismo, la considerazione della storia come un immenso repertorio di dati, da sottoporre ad indagine positiva, sperimentale, che, in quanto applicata all'uomo, diveniva antropologia.
Bulferetti insiste molto sull'interesse per a l'uomo in Lombroso, mettendo in luce il suo filantropismo, il senso della missione scientifica fusa con quella sociale e del primato civile della scienza già affermato da Carlo Cattaneo e lo inserisce nella corrente del socialismo riformatore e moderato, cioè del cosiddetto socialismo conservatore o liberalismo sociale, come quello del Villari e di altri meridionalisti, un socialismo che era ...studio socialistico dei bisogni sociali... , sensibilità alla miseria delle masse (Lombroso dedicherà gran parte della sua vita agli studi sulla pellagra che affliggeva le masse contadine) e, nell'ambito di un ideale politico democratico repubblicano, rifiuto del parlamentarismo corrotto, del militarismo, delle imprese coloniali, del nazionalismo, di una falsa demagogia che copriva gli interessi di una borghesia accaparratrice, delle alleanze clericali.
Bulferetti chiarisce come sia nell'ambito di questa mentalità che nasce la nuova scuola del diritto penale e l'antropologia criminale fondata da Lombroso. Il positivismo di Lombroso, con una nota del tutto personale in confronto a certa cultura positiva, era partito, infatti, dalla concezione dell'unità della natura considerata non sotto il profilo della fisico-matematica quanto della biologia e delle scienze naturali. Da qui, come spiega Bulferetti, derivava il suo materialismo, legato piuttosto al suo razionalismo lontano da ogni spiritualismo o forma di religiosità considerati come manifestazione patologica e alieno da ogni posteriore influsso marxistico per l'impronta storica del suo pensiero, che non accettava il determinismo economico e sosteneva, come già Cattaneo, la diseguaglianza delle razze e degli individui.
Questo materialismo, aggiunge Bulferetti, col suo determinismo naturale e biologico, portò Lombroso a considerare il problema del rapporto delitto-pena, in contrasto con la cosiddetta ce scuola classica del diritto penale , dal Beccaria in poi legata all'antica commistione di morale e diritto, al giusnaturalismo, al concetto del libero arbitrio, della responsabilità, alle ipotesi astratte formulate, al di fuori di un'esperienza umana concreta, storicamente, come rapporto di evoluzione-degenerazione per cui la mostruosità dell'antistorico si presentava sul piano antropologico come pazzìa, positivamente attestata dalle analisi fisiognomiche e frenologiche sui soggetti e sui crani dei delinquenti, per cui il delitto veniva a presentarsi come a disgrazia , come caso patologico determinato da elementi ereditari, fisiologici, ambientali. Teorie queste che furono aspramente combattute dal successivo neo-idealismo avverso ad ogni forma di determinismo biologico.
Su queste basi Bulferetti spiega come l'azione dì Lombroso si svolgesse soprattutto come opera di salvaguardia della società e di recupero del delinquente attraverso la creazione di manicomi criminali come già ne esistevano in Inghilterra o di a case d'industria dove i soggetti malati potevano essere impiegati ed educati.