Rassegna storica del Risorgimento
CAPUTO NICOLA; LECCE (DIOCESI) STORIA SEC. XVIIII-XIX
anno
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1976
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pagina
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24
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Bruno Pellegrino
tutto questo fu la mancata approvatone del sinodo,72) anche se il Caputo adoperò ogni mezzo per ottenerne la pubblicazione: dopo aver sollecitato l'intervento della Congregazione del Concilio e l'interessamento del nunzio di Napoli, 73) giocò un ultimo espediente e protestandosi vescovo in nulla fanatico, e giammai inosservante della polizia del Regno , conclude, neM'ultima lettera alla Consulta, nel 1843: Si volle vedere nel Sinodo quello che dimostrai non esserci. Volli quello che vuolse il governo, che regge un Sovrano Cattolico... 74)
Se da un lato l' affare del Sinodo del Caputo costituì un episodio dei contrasti che potevano sorgere fra Chiesa e Stato nel Regno delle Due Sicilie solo in seguito alla ripresa di una vecchia tradizione giuri sdizon alista, dall'altro, per tornare alla valutazione degli orientamenti pastorali del vescovo di Lecce, il contenuto di quelle costituzioni sinodali non fa che confermarne il tridentinismo , cui già abbiamo accennato: i richiami alle norme tri-dentine strutturano lo stesso testo e la ripresa da brani del Sinodo del 1663 (ovviamente del tutto tridentino) è costante.
Ciò che caratterizzò, però, l'azione pastorale del Caputo fu una vigorosa politica delle ordinazioni sacerdotali. Egli aveva evidentemente intuito che lo strumento con cui risollevare le sorti della vita religiosa della diocesi affidatagli era costituito appunto da un clero il più numeroso e il più preparato possibile. Dette così l'avvio a vere e proprie ordinazioni in massa , affidando ad una speciale commissione il controllo dell'autenticità delle vocazioni, della preparazione culturale degli aspiranti e della reale consistenza del patrimonio sacro.75) Nonostante il rigore della selezione la popolazione della diocesi si mostrò particolarmente incline all'invio del vescovo, che, però, si dichiarava consapevole dei rischi che tale politica comportava. 76* L'eccessivo numero di preti che si trovò ben presto ad avere e che del resto, come abbiamo già notato, non potevano essere molto diversi, quanto a stile di vita e a modelli culturali, rispetto al clero preesistente, gli valse varie denunce e ricorsi sia a Roma sia a Napoli.77) Risogna
siastica nel Regno delle Due Sicilie secondo il Diritto Canonico e l'ultimo Concordato, Na-
72) I termini fondamentali del contrasto, che sono riassumibili nelle osservazioni della Consulta comunicate al Caputo il 30 gennaio 1834 e nella risposta dello stesso del 9 luglio 1835, si riferiscono soprattutto a tre titoli del sinodo: il VI, PXI e il XVII. 1) De Sacrosanti Ecclesiis (titolo VI): la Consulta è del parere che quando nelle chiese vi siano abusi nella esecuzione di cori e canti teatrali, il vescovo non debba comminare la scomunica latae sententiae, ma debba limitarsi a riferire al re per gli opportuni provvedimenti. 2) De Ordinis Sacramento (titolo XI): la Consulta preferisce che non sìa il vescovo a raccomandare direttamente che il patrimonio sacro deve essere reale, ma che lo stesso vescovo richiami a riguardo il Concordato del 1818 eia decreti seguentemente emanati . 3) De con-fraternitatibus: in merito al potere di questua riconosciuto alle confraternite più povere la Consulta ritiene che appartenendo questa concessione alla Real Potestà, parrebbe convenevole che si ritirassero le espressioni concernenti il permesso episcopale di questuare (il testo delle due lettere di cui sopra è allegato come Appendice agli atti manoscritti del sinodo. Cfr. G. Scrimieri, cit.).
73) Cfr. A.S.V., A.N.N., voi. 47.
74) Prima Synodus..., cit., Appendice, m Cfr. Ibidem, Titolo XI.
w) Cfr. AJ5.V., A.C.C., Relazioni ad Limina, Lecce, 1843.
77) Cfr. lettere riportate in appendice a B. PELLEGRINO, op. cit. In particolare i documenti V, VI, XIII e XIV.