Rassegna storica del Risorgimento

CAPUTO NICOLA; LECCE (DIOCESI) STORIA SEC. XVIIII-XIX
anno <1976>   pagina <26>
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Bruno Pellegrino
La consapevolezza della necessaria separazione tra spirituale e temporale conclusasi in mona. Capoto nella dissociazione tra principi religiosi e l'attività politica (e fu il prezzo pagato al governo borbonico per riacquistarne la fiducia) non fu messa in discussione dai fatti del '48, anche se dette luogo a prese di posizione che da una parte furono interpretate come ancora ispirate a principi liberali, dall'altra invece furono considerate non chiaramente impegnate e per­sino ambigue.
Se nel 1820 il Caputo aveva intravisto, interpretando in verità i fatti in ma­niera un po' ingenua e utopistica, la possibilità di una idilliaca società regolata dalla carità cristiana, dalla costituzione e dal potere monarchico, ora ancorava il suo operato unicamente al principio della carità, cercando il più possibile di non scoprirsi con chiare mosse politiche. Anche questa volta come nel 1820 benedisse la bandiera costituzionale, ma a parlare al popolo sul valore delle rappresen­tanze, e sullWvenire della patria fu il canonico De Simone.83) Rese meno amara con la propria presenza la cacciata da Lecce dei Gesuiti: l'intendente, per evitare turbamenti dell'ordine pubblico, aveva concordato con mons. Caputo che l'operazione avvenisse di notte.M) Certamente l'opinione pubblica liberale leccese, poiché non aveva dimenticato l'adesione del vescovo alla rivoluzione del 1820*1821, avrebbe gradito una presa di posizione più netta, ma in una violenta e prolissa requisitoria del giornale locale Troppo Tardi non seppe accusare che di incapacità e di debolezza nell'amministrazione della diocesi l'ormai vecchio vescovo. In un articolo del 18 maggio 1848 I Dodici (tale la firma dell'articolo) così esordivano rivolgendosi direttamente al Caputo: L'Italia, l'Europa, il mondo intiero in quest'epoca memoranda di politiche transizioni tende a delle utili e radicali riforme, Voi solo Monsignor Caputo, dopo 28 anni di rilassata ge­stione, in cui avrete regalate meglio di quattro in cinque mila chieriche, più che non fecero i dodici Apostoli di Cristo in tutto di tempo della loro vita, ne state im­perterrito, e forte, senza allontanarvi un'apice dal tenore di governare tenuto sino a questo punto .S5) Nonostante la violenza dell'attacco, nessuna delle richieste avanzate da I Dodici entrava nel merito di problemi politici: si chiedeva che non si tenessero più ordinazioni sacerdotali, che non venisse riaperto il seminario, che non si facessero giungere al sacerdozio persone vili e vilmente educate , che cessasse il monopolio degli affari della diocesi affidati sempre agli stessi cano­nici, che ci fosse maggiore rigore nell'esame degli ordinandi, che le cariche capitolari e i canonicati venissero asegnati per pubblico concorso ( Basta essere un buono e vecchio somaro che abbia ragghiato per più anni per essere canonico nel vostro Capitolo ), che venissero regolarmente esaminati come tutti gli altri prima di ricevere l'ordinazione anche i regolari e gli aspiranti provenienti dalle altre diocesi, infine che non si spendessero più soldi per aiutare le prosti­tute. L'articolo si chiudeva piuttosto pesantemente: ... sappiamo che ciò [la
sentimento, vengo a dire che... (AJ5.N., Min. Eccl., b. 3791, fase. 176). Dei nominativi proposti dal Caputo fu poi realmente nominato vescovo il teologo della cattedrale Ignazio Sellitti).
83) S. LA SORSA, Gli avvenimenti del 1848 in Terra d'Otranto. Narrazione storico-critica, Milano-Roma-Napoli, 1911, p. 90. Ma cfr. anche N. BERNARDINI, Lecce nel 1848. Figure, documenti ed episodi della rivoluzione, Lecce, 1913 (in particolare il capitolo II ricco di episodi ed aneddoti).
**> Cfr. S, LA SORSA, op. cit., p. 115.
*5) I DODICI, Dopo 28 anni!!!, in Troppo Tardi, a. I, n. 8 (18 maggio 1848), p. 33.