Rassegna storica del Risorgimento

CAPUTO NICOLA; LECCE (DIOCESI) STORIA SEC. XVIIII-XIX
anno <1976>   pagina <28>
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Bruno Pellegrino
notizia che il vescovo di Lecce, con altri cittadini, avrebbe chiesto che gli uffi­ciali della Guardia Nazionale venissero sottoposti ad esame nel maneggio delle armi ed anche per la loro morale , il segretario Devincenzi dietro invito del presidente dette lettura di una lettera del Caputo datata Lecce 12 febbraio 1849: Al Signor Presidente della Camera dei Signori deputati. Con pena ho letto nel Giornale Uffiziale del 5 febbraio corrente n. 26 lunedi che tra le petizioni si conti quella segnata al n. 187 cosi compendiata. Il vescovo di Lecce ed altri domandano che non si riformino gli Uffizi ali della Guardia Nazionale, ma sub-bene si sottopongano ad esame ed i migliori negli esercizi delle armi e per carat­tere morale restino possessori dei gradi maggiori e ciò ad evitare collisione e sangue. Signor Presidente, Vi prego a pubblicare che a tale petizione non abbia posta la mia firma, che mi sia giunta nuova, e che l'abbia saputa quando l'ho letta stampata, e che io non mi occupo di cose estranee al mio spiritual mini­stero . Voci varie aggiunsero: Non poteva essere diversamente .92)
Il disimpegno politico cui era pervenuto non esentò mons. Caputo dal redar­guire qualche imprudente sacerdote liberale: quando don Enrico Lupinacci in occasione dei funerali di un patriota si rese colpevole di un commovente discorso liberaleggiante, rassicurava l'intendente che egli non aveva mancato fargli sen­tire quello che convenga ad un Oratore, che parla in Chiesa, e che sia sacer­dote .93) E in una lettera succesiva, scopriva più apertamente la propria colla­borazione per richiamare all'ordine il Lupinacci : In sequela dell'altro stimatis­simo foglio... sono a dirle che più e più mi sia penetrato il dolore nell'animo nello sconcerto dello spirito di un Giovine, cui questi rivolgimenti civili hanno apportato del male, ho disposto ciò che [sic] ho creduto prudentemnte eseguirsi, e da me è stato all'uopo pregato il Sig. parroco De Simone comeché Ecclesiastico accreditato, circondato dalla venerazione del Pubblico, e cui sta bene intimare al Sacerdote Lupinacci quelle ingiunzioni, che nella stimatissima di V. Eccel­lenza si contengono, il quale più per brillare da sapiente, che per Radicalismo, assicurò d'avere parlato .M)
92) Il testo completo del dibattito del 17 febbraio 1849 è in Giornale Costituzionale del Regno delle Due Sicilie, n. 40, giovedì 22 febbraio 1849.
93) A.S.L., Int. di T. d'Otranto, Vigilanza sugli attendibili, fase. 1861.
94) Ibidem. Una breve biografia commemorativa del Lupinacci è S. CASTHOMEDIANO, Enrico Lupinacci, Lecce, 1876. Lo stesso Gastromediano, una delle figure politiche più rappresntative del liberalismo di Terra d'Otranto (fu poi deputato dopo l'unità) e che aveva sempre guardato con simpatia alle posizioni assunte da mons. Caputo (cfr. S. CASTROME-DIANO, Carceri e galere politiche. Memorie, Lecce, 1895, voi. I, pp. 87-88 e voi. II, pp. 52-53), non esiterà a sdegnarsi per l'atteggiamento assunto dal Caputo in occasione delle iniziative promosse in Terra d'Otranto per ottenere la revoca della costituzione. In una lettera scritta dal carcere a Bonaventura Mazzarella il 25 luglio 1850 e giunta a destina­zione ad Atene 11 14 agosto, cosi descrive e commenta l'episodio di cui furono protagonisti i decurioni di S. Cesario e lo stesso Caputo: e... Allorché tutte le arti si adoperavano perché venisse forzosamente sottoscritta la petizione per l'abolizione della carta costituzionale, non omettendo all'uopo la minaccia delle carceri e delle destituzioni, vi fu l'intero Municipio di S. Cesario che rifiutossi, tra gli altri, per iscrupolo di coscienza derivante dallo spergiuro, e perché non si credeva competente a risolvere di questi affari. Al riguardo i decurioni chia­mati in residenza dal proconsole Sozi Carafa, a cui essi si presentarono accompagnati da un dotto e probo sacerdote, n'ebbero una lavata di capo da far loro temere tutti gli eccessi di una rabbia da consumarsi contro di loro medesimi. E quando si fecero uscir di bocca il timore di spergiurare, infuriò tanto il proconsole che quei medesimi si videro nel cimento