Rassegna storica del Risorgimento

CAPUTO NICOLA; LECCE (DIOCESI) STORIA SEC. XVIIII-XIX
anno <1976>   pagina <29>
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Nicola Caputo tra religione e politica 29
Ma proprio queste ultime parole costituiscono la chiave per interpretare e cogliere con esattezza il senso di quello che fu un conscio disimpegno politico: se questa volta mons. Caputo non si adoperò in maniera alcuna in difesa della Costituzione e volle ignorare un suo ormai lontano passato carico di entusiasmo e di speranze, è pur vero, però, che egli non dimenticò ancora una volta il dovere genuinamente eristiano di soccorrere gli oppressi e i perseguitati politici. 95> Durante i processi per i fatti accaduti a Lecce nel 1848. in cui tra l'altro erano implicati alcuni sacerdoti,96* mons. Caputo, non solo chiese la grazia per Sigi­smondo Castromediano,97) ma cercò anche di scagionare un po' tutti gli imputati dando lettura di una dichiarazione che, da Atene, gli era stata inviata da Bona* ventura Mazzarella e avallò con la propria testimonianza la veridicità del con­tenuto. 98) E tale atteggiamento di copertura nei confronti di vecchi e nuovi
più grande. Infine decisero, lasciato rintendente, di rivolgersi al Vescovo. Macché! Ecco la risposta di costui: ce Firmate la petizione, poiché sapete il gran male prodotto dalla costi­tuzione; ed in quanto al giuramento lasciatene alla mia coscienza il peccato, poiché, essendo la costituzione un contratto, si può sciogliere con dissenso senza peccato . Vedi satanico accordo tra le autorità civili e le ecclesiastiche! Vedi questo Vescovo quanto è diverso da quel di prima! Dispensa da quel che si manifesta da un pugno di decurioni! È male cagio­nato dalla costituzione quel ch'è danno derivato dal non averla voluta mai attuare . Il testo di questa lettera, è ora in M. SCARDIA, Sigismondo Castromediano e Bonaventura Mazza' retta nella lotta per l'Unità d'Italia* in AA.VV.. Contributi alla storia del Risorgimento Salentino, Lecce, 1961, pp. 109-110. Sul Castromediano cfr. S. LA SORSA. Sigismondo Castro-mediano, in La Zagaglia, a. Ili, n. 12 (die. 1961), pp. 60-78.
95) Xn questi termini il Caputo chiedeva intercessione per uno scolopio di Campi al­l'Intendente di Terra d'Otranto il 3 gennaio 1850: La commiserazione è pur voluta coman­data dalla Giustizia Eterna: il P. Borsari Scolopio è chiuso in convento di PP. Alcantarini, e fa la figura di colpevole, ma se i suoi superiori nei modi regolari non lo discutono, dicesi che si comprima l'innocenza. Come si trovi relegato l'ignoro; so solo che le vicende del 48 abiano servito a farlo gemere, e queste sono state interpretate Un'ora da suoi emuli: è giusto sentire lui, che si compromette di levarsi da ogni macchia. Così non si perde un Eccco. che giovine qual'è, e fornito di talento, può essere inviato, introdotto a servire bene alla sua vocazione. A me si rivolge dal suo luogo di clausura, ma può solo VJE. mettere mano ov'entrata è la Polizia, e perciò sol per forza del Ministero Sacro, nella cui ampiezza entra il Greco, il Giudeo, il Gentile, La supplico di provvedere quelle disposizioni, che siano s.do la Verità, la Giustizia (A.S.L., Int. di T. d'Otranto, Vigilanza sugli eclesiastic, b. 107, fase. 3205).
96) Sull'attività degli organi giudiziari a Lecce cfr. M. PASTORE, / processi politici della Gran Corte Criminale e Speciale di Terra d'Otranto dal 1821 al 1861, Lecce, s.d. Tra i sacerdoti implicati don Nicola Valzani e don Giosuè Leone.
97) Il fatto è testimoniato dallo stesso imputato (cfr. S. CASTROMEDIANO, Carceri cit., voi. II, pp. 55 e 63. Cfr. anche N. BERNARDINI, Lecce nel 1848 cit., p. 368.
98) Secondo quanto ricordava Castromediano il Caputo avrebbe aggiunto: Io credo ... che questo che dice Mazzarella sia verissimo, tanto perché conosco i fatti del '48, quanto perché conosceva me incapace di insorgere (testimonianza riportata in M. SCARDIA, Un diario di carcere cit., p. 168. Bonaventura Mazzarella, che fu poi deputato dell'opposizione negli anni della Destra, coinvolto nei moti del '48 era stato condannato a morte nel 1849. Rifugiatosi a Roma, dove aveva partecipato alla difesa delia repubblica, riparò infine ad Atene. Qualche mese dopo la corrispondenza coi Caputo, nel 1851, aderì alla Chiesa Valdese di Torino, da cui in seguito si staccò per fondare alcune comunità di Chiese Libere (cfr. TH. VAN DEH END, Paolo Geymonat e il movimento evangelico in Italia nella seconda metà del secolo XIX, Torino, 1969, passim. È significativo che una personalità del genere scrivesse al Caputo nel modo seguente: Mons. IlLmo La bontà e la carità di Lei è nota.