Rassegna storica del Risorgimento

CAPUTO NICOLA; LECCE (DIOCESI) STORIA SEC. XVIIII-XIX
anno <1976>   pagina <30>
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Bruno Pellegrino
personaggi antiborbonici fu mantenuto ancora negli anni successivi. Al ministro per gli Affari Ecclesiastici che da Napoli aveva chiesto informazioni sol conto dell'arciprete Gatti di Monetaria, il Caputo risponderà il 16 luglio 1852, senza entrare nel merito del personaggio (un vecchio carbonaro già deputato nel 1820 e nel 1848), che la Religione, ch'é la fede, viene insultata dagl'increduli, ed oggidì per le tristi oscillazioni politiche, quanto è a paventarsi ogni qualunque atto, che possa servire alla nequizia Satanica per destare irritazioni e perturba­zioni . ")
I fatti del '48 e le conseguenze degli anni successivi trovano in definitiva un Caputo che se non è più su posizioni monarchico-costituzionali, non si muove nemmeno in appoggio alla reazionaria politica borbonica. Avendo ormai abban­donato da tempo qualunque velleità di azione politica ed essendosi rinchiuso negli stretti limitai di ciò che solo pastoralmente gli competeva in quanto vescovo della diocesi di Lecce, dominato da quello spirito di carità e da quella estrema bonarietà che molti pure gli rimproveravano, non potè far altro che scrivere al Re descrivendogli lo stato lagrimevole della Provincia, e pregandolo che ces­sasse . 10)
Tuttavia questa equanimità, la protezione certamente accordata a detenuti e perseguitati politici ed infine il ricordo dell'attività politica all'inizio dell'epi­scopato hanno fatto sì che la tradizione storiografica erudita locale, e in seguito anche quella nazionale, riprendesse il mito del vescovo liberale.I01) Con tali premesse, quando qualche anno dopo il Caputo fu costretto, per la prima volta
né potrei scegliere una persona migliore come mezzo perché adempir possa un dovere stret­tissimo di coscienza...; mi consideri come uno che confessandosi impone l'obbligo al suo confessore di rivelare una verità che deve salvare gli altri. E baciandole con venerazione di figliolo la mano, mi dico... (la lettera, datata Atene 18 giugno 1850 è riportata in M. SCARDIA, Sigismondo Castromediano cit., pp. 100-101). E in una successiva lettera, scrìtta sempre da Atene il 27 giugno 1850, il Mazzarella aggiungeva: a A Lei, che ognuno conosce quanto si pregi di bontà e di carità non fa mestièri che raccomandi la sollecita consegna dell'atto al potere giudiziario... Le ripeto di avere scelto Lei, perché ho creduto che V.S., più che altri, può formarsi l'idea di un uomo che, in nome della carità cristiana, prega un sacerdote a rivelare per sua parte quel vero che può giovare altrui. Di più ella ricorderà la posizione di Lecce nel 1848, e ricorderà che, amici e nemici, tutti ritenevano me autore degli atti che si facevano al Circolo. Checché possa avvenire di me nel futuro, io lo attendo con calma, ma niuna considerazione può distogliermi dall'obbligo di rivelare il vero. E mi sembra ciò un così facile sacrificio (e alla sua bella anima sembrerà non facile solo, ma pieno di santa gioia) che non l'ho nemmeno per merito {Ibidem, pp. 102-103).
") A.S.N., Min. Eccl., b. 3788. Mons. Bruni, vescovo di Ugento, pure interpellato dal ministro sullo stesso oggetto, si era affrettato al contrario a precisare che il Gatti non era di quel merito e virtù di cui si millanta, ma è un antico settario... (Ibidem).
M) Da Un ricordo di carcere inedito di S. Castromediano in data 11 ottobre 1850 (ora in M. SCARDIA, Un diario di carcere cit., p. 169).
101) Citiamo, per tutti, un passo con cui il Bernardini definì il liberalismo del Caputo: Liberaleggiò nel '48..., e quando infierì la reazione, non imitò il D'Avanzo, vescovo di Castellaneta, prepotente, violento, quasi birro in paonazzo... Mons. Caputo, invece, buono e tollerante divenne il sostenitore di quanti ricorrevano a lui. I liberali perseguitati, i sacer­doti delle diocesi vicine sospesi a divinis, facevano capo al buon vescovo, ed egli tutti aiutava e soccorreva (N. BERNARDINI, Ferdinando II a Lecce (14-27 gennaio 1859), Lecce, 1895, p. 9). Il Bernardini, che ai rifa sostanzialmente ad un passo del Greco (op. cit., p. 13), dal quale deriva pure P. Palumbo (Risorgimento Salenùno cit., p. 544), è a sua volta la fonte principale del De Cesare (cfr. R. DE CESARE, op. cit., p. 186),