Rassegna storica del Risorgimento

PITTAVINO BONFIGLIO; SANTA ROSA PIETRO DE ROSSI DI; STATO E CHI
anno <1976>   pagina <41>
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Il rifiuto dei Sacramenti a Pietro di Santa Rosa 41
Dopo un momento venne il Prof. Ghiringhello a dirmi che ramni alato sera moriva, che gli amministrassi almeno l'Olio Santo, gli risposi che gli desse l'as­soluzione sub conditaone, che l'Olio Santo non si poteva. Non replicò ma da lì a poco ritornò da me a domandarmi quale era la formula dell'assoluzione pa­pale che voleva impartirla al moribondo, gli replicai che l'assolvesse sub condi­tione. Dopo del che egli se ne ritornò vicino all'ammalato che era agli estremi ed io non avendo più nulla a fare m'incamminai per ritornarmene hi convento.
Traversando la sala incontrai il Conte Camillo Cavour che forse avvisato veniva a trovare l'infermo.
Ci salutammo passando e credo che io non era ancor in fondo della sala che l'ammalato già era spirato verso le ore nove di sera del giorno cinque agosto. Infatti non eran trascorsi dieci minuti che mi trovava in convento che fui avvi­sato essere arrivati il Conte Cavour ed il medico Malinverni,10) credo amendue Deputati, i quali domandavan di me, eran circa de nove ed un quarto. Essendo subito andato loro incontro e messici a sedere il Conte Cavour mi disse, che col mio modo di agire poteva esser certo di essermi attirato l'odio di tutta la parentela e dei numerosi amici del defunto S. Rosa e l'indignazione di tutta la popolazione e del governo; che però ciò che era stato [era stato], che la fami­glia e gli amici eran disposti a perdonar tutto, a dimenticar tutto purché mi decidessi a dare la sepoltura ecclesiastica al defunto. Del che io risposi che io che aveva fatto l'aveva fatto appoggiato alle leggi della Chiesa ed all'autorità dei miei superiori e consultato da persone dotte, sante e competenti, che non aveva fatto altro che adempiere al mio stretto dovere, che in altri casi consimili avrei fatto lo stesso. Rapporto poi alla sepoltura non poteva ancora dir nulla di decisivo, che avrei fatto avvertito l'Arcivescovo e come mi avrebbe detto avrei fatto.
Allora il Conte, un po' incollerito, anch'io, disse, andrò da Monsignore e saprò cosa dirgli. Monsignore vuole il disordine, vuol suscitar la guerra civile, mi rincresce per loro che pel passato godevano stima, ma in seguito a questo fatto saran cacciati via da Torino sin da domani, andrò io al Consìglio dei Ministri, i Serviti saran vittima dell'ostinazione di Monsignore e la religione sarà quella che ne avrà a soffrire di più. Il paese a fronte delle mene dei par­titi farà la sua via e non cambi era né la sua religione, né la sua politica. Al che io risposi pacatamente poche parole, che di politica non me ne occupava, che la religione credeva di difenderla con osservare le leggi della Chiesa, che Monsignore aveva agito con tutta la prudenza, con tutta la tolleranza possibile, che anch'egli si consultava ecc. Al che mi rispose che quei che consultavano Monsignore erano cattivi consiglieri. Cosi finì l'abboccamento col Conte Cavour e Dottor Malinverni.
L'indomani mattina 6 agosto alle ore quattro era già in vettura diretto a Pianezza. Là giunto verso le 5 e mezzo domandai di Monsignore, che accoltomi subito mi domandò, quei nuove così di buon'ora? Li raccontai la morte di S. Rosa, gli presentai l'ultima dichiarazione rifiutata da me e dal P. Girò e lo avvertii che a momenti forse sarebbe venuto a parlargli il Conte Cavour con altri, e gli domandai il modo di regolarmi rapporto alla sepoltura, se avevasi a fare o no. Al che Monsignore mi rispose ringraziandomi della premura che mi era fatta nel prevenirlo di tutto, che la sepoltura non credeva di poterla accordare, che però me ne ritornassi immediatamente a Torino, andassi dal
JO) li chirurgo Germano Malinverni, deputato di Trino.