Rassegna storica del Risorgimento
MUSEO DI CAPRERA
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1976
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Libri e periodici
che si articola sui medesimi principi, inizia con Ugo Capoto e finisce con Filippo il Bello: non fu mai condotto a termine per lo scoppio della rivoluzione del 1830. Nell'introduzione Regina Pozzi spiega molto bene il pensiero del Guizot: genesi illuministica unita a un certo gusto romantico per le età primitive; incrollabile fiducia nella Provvidenza divina corretta da una fede tutta laica nella razionalità del processo storico; ostinato rifiuto di qualsiasi sconvolgimento rivoluzionario.
Non vengono illustrati invece quelli che, almeno a mio parere, sono i limiti più evidenti delTuoino di Nìmes.
Sul piano culturale, propriamente storico, si deve dire che Guizot era convinto che lo sviluppo politico e sociale di una nazione si identificasse con la preponderanza della classe media, destinata a dirigere lo Stato. Perciò, vedendo la storia in funzione della sua dottrina politica, egli studiò esclusivamente la lunga elaborazione della classe media, sordo a ogni altra istanza, sempre più chiuso nell'intransigenza del suo dottrinarismo, nella teoria di un juste-milieu egualmente lontano dagli estremi. Nell'applicazione pratica, quando partecipò attivamente alla vita politica, Guizot commise l'errore di considerare come classe media la grande borghesia capitalistica. L'incondizionato appoggio a questa aristocrazia del denaro, aggravato dalla corruzione del ceto politico, portò in Francia, come notò subito l'acuta mente del Tocqueville, a una separazione del paese legale da quello reale che infine travolse governo e monarchia: nel bagno di sangue del 1848 crollarono la fortuna politica del Guizot e la sua ottimistica visione imperniata su un rigido, ristretto liberalismo borghese.
RICCARDO GIANNINI
RICHARD BLAAS, Carbonarismo italiano e conservatorismo austriaco. Gli esuli napoletani in Austria, in Abruzzo, rivista dell'Istituto di Studi Abruzzesi, a. XII, 1974, n. 1-3, pp. 23-54.
Continuando le sue proficue ricerche soprattutto negli Archivi viennesi, Richard Blass, che di recente ha pubblicato notevoli contributi sulla figura e l'attività del Mazzini (cfr., ad esM Mazzini-Korrespondenz in den Interzepten der StaatsTcanzlei. in Beitràge zar neueren Geschichte ósterreichs herausgegeben von Heinrich Fichtenau und Erich Zollner, Wien-Koln-Graz, 1974, pp. 329-344: ed inoltre in Mazzini e l'Europa. Atti del convegno dell'Accademia dei Lincei, Roma, 1974), delinea alcuni aspetti della rivoluzione napoletana del 1820-21 e soprattutto indica contrasti e convergenze, pur nell'ambito dello schieramento conservatore, tra la politica austriaca e quella napoletana all'indomani della rivoluzione medesima. In particolare illustra, con una larga citazione dai documenti viennesi, l'esilio in Austria di alcuni esponenti del movimento liberale napoletano: i generali Colletta, Pedrinelli, Arcovita, il colonnello Gabriele Pepe, gli avvocati Poerio e Borrelli; la espulsione dal Regno di questi personaggi, il loro confino in Austria tra il 1821 e il '23, ed infine le condizioni di vita e il ritorno in Italia risultano registrati nei documenti in un intreccio di valutazioni e giudizi che confermano, una volta di più, la miopia e la grettezza delle forze della Restaurazione ed insieme la oc debolezza del movimento liberale; il che fa dire al Blaas: Il predominio austriaco eretto e tanto tenacemente difeso dal suo fondatore il principe di Metternich non portò fortuna all'Austria. Le radici della decadenza dell'impero absburgico anni più tardi vengono ricercate nei trattati di Vienna e nella politica restauratrice del governo. La continua battaglia contro i cosidetti nemici dell'ordine, contro i settari, contro i liberali, contro il risorgere d'una nazione consumò le risorse del paese e fu la causa della sua arretratezza economica ed industriale (p. 54). D'altra parte, l'esistenza medesima dell'Austria come Stato plurinazionale non permetteva né concedeva che scarsi margini di manovra politico-diplomatica.
RENATO GIUSTI