Rassegna storica del Risorgimento

MUSEO DI CAPRERA
anno <1976>   pagina <72>
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Libri e periodici
all'occorrenza non disdegna di praticare la remunerativa arte dell'usura, a vedere nel de* naro e nell'ambizione le sole molle interiori dei suoi conterranei; né, per quel che riguarda il carattere, sono da mettere troppo in primo piano una certa incostanza di giudizio, che si palesa soprattutto durante i viaggi a Parigi prima ammira i Francesi, poi li copre di disprezzo e a Londra, o la disponibilità a prendere troppo facilmente per huono quello che gli altri gli confidano. Come avviene nei temperamenti forti, i vizi di Asproni sono l'altra faccia delle sue virtù, per cui l'ardore polemico si sublima in intransigenza morale e la passione di parte preannunzia quella saldezza di propositi che lo sorreggerà per tutti gli anni avvenire. Quando si dimentica della Sardegna, per i cui mali non sa trovare che soluzioni semplicistiche quale quella di trapiantarvi qualche attività industriale o di so­gnare di farne una delle stelle della bandiera statunitense, Asproni si vota al problema nazionale e mostra di avere idee se non più chiare certo meglio indirizzate: perché in que­sto campo il rifiuto delle pretese egemoniche del Piemonte si traduce in un'affermazione dell'ideale repubblicano che, da uno stadio di iniziale indeterminatezza, si viene via via definendo proprio nella quotidiana pratica parlamentare e nelle amarezze che questa gli riserva* Non a caso delle tante figure che si incontrano nelle pagine di questo Diario., a parte i napoletani Ulloa e Pepe ai quali va la sua simpatia su un piano più umano che politico, l'unico che gode della stima costante di Asproni è quella di Mazzini che rappre­senta, di contro ai tanti Montanelli, Manin, La Farina, Pallavicino, l'idea che non muta, l'insegnamento permanente. Fu ammiratore di Mazzini, ma non esitò a criticarne di volta in volta il rigido formalismo, lo scarso senso pratico e certe azioni intempestive , scrive di Asproni Carlino Sole (pp. 39-40) in un'introduzione dedicata a II Diario poli-tico di Giorgio A sproni e il Risorgimento ; questa introduzione, che prende in esame tatto il Diario e non solo la parte qui pubblicata, ha il merito di essere chiara e di risultare quasi sempre convincente, ma per quel che riguarda le parole sopra riportate non mi sem­bra che esse abbiano un sicuro riscontro nel testo la critica al formalismo mazziniano di certo non vi compare mai , dal momento che una sola volta, e cioè il 7 settembre 1856, Asproni si pone in aperto dissenso rispetto a Mazzini che, dopo il fallimento del­l'insurrezione di Massa e Carrara, paragona a quegli innamorati che non vedono altro che l'idolo della loro passione, e corrono a costo di rompere il collo a sé e a tutto il mondo, perché più non ragionano (p. 508). Appena venti giorni dopo, tuttavia, questa è la rifles­sione che gli ispira la lettura di un articolo mazziniano da lui letto sull'Italia e Popolo: Degli uomini della età sua Giuseppe Mazzini è il più grande e per fede e per intelletto. Egli sarà benedetto dai posteri che lo apprezzeranno più dei viventi fatti scettici per impa­zienza e per egoismo (p. 529). Certo non si può dire che Asproni faccia capo allo schie­ramento mazziniano, e anzi alcune idee, come quella che auspica l'avvento di una federa­zione repubblicana]) o l'altra, molto più insistita, che assegna all'iniziativa meridionale il compito di scatenare la lotta per la libertà nazionale, cozzano chiaramente con la predica­zione mazziniana; ma credo che in Asproni ciò dipenda più dalla volontà di restare isolato che non da un dissenso di natura ideologica: ne dovrebbero essere ima prova gli accenti di entusiasmo per V Italia e Popolo la cui lettura sostituisce un po' alla volta quella del troppo piemontese Diritto.
Pur con questi limiti il Diario di Asproni promette dunque di essere una fonte sto­rica cospicua; e siccome è intenzione dell'ex canonico sardo di non dare alle stampe quello che viene annotando, questo testo si rivela prezioso anche come documento umano dal quale emergono x più contrastanti stati d'animo, dall'aggressività fiera ed istintiva al triste pre­sagio di morte, dal livore verso gli avversari politici al fuggevole invaghimento per Dora d'Istria, dall'esaltazione del progresso e della scienza alla disponibilità ad accogliere le cre­denze più ciarlatanesche: chiaroscuri che servono a restituirci l'immagine più fedele del battagliero democratico.
l) È una posizione destinata a mutare: nel corso del 1862 l'unita gli sembrerà meglio confarsi alle esigenze dell'Italia (cfr. pp. 100-101).