Rassegna storica del Risorgimento

CARLO ALBERTO RE DI SARDEGNA LETTERE; CARTEGGI (CARLO ALBERTO-M
anno <1976>   pagina <394>
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Libri e periodici
inazione autodidattica, affaticata dalla necessità di dedicarsi a svariate occupazioni, sullo sfondo geografico di Cremona e sugli altri scenari del suo multiforme impegno, conducendo il lettore attraverso un'esistenza laboriosa ed onesta, politicamente contrassegnata dall'av­versione costante alla monarchia, estensivamente considerata come logica globale di un si­stema politico accentrato e pesante, che comportava squilibri socioeconomici e parassitismi. A tale logica ed a tale sistema il moderno monarcomaco. come lo definisce nella pre­sentazione Pier Carlo Masini, opponeva la preparazione di un vagheggiato avvenire repub­blicano, specialmente attraverso un'opera di organizzazione e divulgazione culturale, compe­netrata con la mflWw politica.
In quest'opera, svolta nel clima e nel contesto del positivismo, Ghisleri si rivela con­tinuatore postunitario del grande modello democratico lombardo, cioè dell'eredità catta-neana, che ha saputo saldare con la scuola mazziniana (malgrado ne fosse intimamente più distante per il suo federalismo, per l'antispiritualismo e per un certo fastidio di fronte ai toni più accesi della romanità), avviando, mediante la confluenza dei due principali filoni, la strutturazione delle sparse membra del repubblicanesimo italiano in un partito moderno.
Attivo nel dibattito interno repubblicano, in particolare con l'intervento contro la tesi di Bovio sulla questione delle razze ed il concetto di barbarie (che veniva un po' incontro alle ragioni del colonialismo), si sporse altresì dall'ambito del repubblicanesimo, con aper­tura culturale ed umana, verso contatti con altre correnti democratiche e col socialismo, dei cui leaders Turati e Bissolati fu stretto amico negli anni giovanili del sodalizio cremo­nese. Ma fu sempre guardingo ed intransigente nei confronti dei possibili cedimenti al sistema monarchico, per esempio riprovando l'ode per la regina Margherita del Carducci, che, incline alle icastiche definizioni polemiche, lo ricambiò chiamandolo frate con quanto di peggiorativo v'era nella sua accezione del termine, ad indicare una fissità chiusa agli ariosi orizzonti del mondo ed un legnoso moralismo di parte.
Invero, in un senso meno polemico, l'immagine rovesciata e simmetrica del frate po­trebbe, a prima vista, affacciarsi a chi consideri l'estremista ed ateo Ghisleri (in contrasto con la devozione religiosa dei genitori) nell'irta continuità di antagonista delle istituzioni e di custode di un'alternativa globale, che voleva anzitutto essere di costume e che non defletteva dai radicati principii, in confronto alla permeabilità del poeta toscano, nella cui visione, sotto forma di fantasmi lirici, suggestioni epiche, idealizzazioni galanti, potevano susseguirsi od avvicendarsi i volti e i valori, storici e viventi, di diverse civiltà ed istitu­zioni, accompagnando lo spostamento dalle posizioni di giambico vindice dei vinti del Ri­sorgimento a quelle del vate, esprimente una più composta, se pur ancora fervida sintesi nazionale, riconosciuto ed apprezzato dalle classi medie e nelle alte sfere.
In effetti, Ghisleri, militante e pubblicista politico, non per fratesca clausura o dogma­tica repulsione ma per intransigente coerenza ideologica e per una diagnosi storica nega­tiva circa le possibilità evolutive della monarchia, propugnava ed impersonava la lotta a lungo termine della minoranza repubblicana, dividendosi perciò da Turati (a prescindere dalla delimitazione verso il socialismo) di fronte alle scelte poste dall'età e dalla strategia giolittiane.
Non stupisce quindi che il fascismo abbia per lui rappresentato il conseguente sbocco del cammino italiano sotto la monarchia e che alla positiva valutazione crociana dell'età postrisorgimentale abbia contrapposto l'angolazione storiografica dell'abate Anelli, antico oppositore della Destra, del quale pubblicò l'inedita opera 2 sedici anni del governo dei
moderati .
Il fascismo portava, infatti, a maturazione per Ghisleri, come in genere per il pen­siero della sinistra, tutte le potenzialità autoritarie dell'assetto precedente, accentuando inol­tre la presunzione nazionalistica, che egli combatteva e ridimensionava sìa per ragioni etiche ed ideali, sia per realistica stima delle forze e delle dimensioni del paese. Significativa è, in proposito, una lettera del 1931 ad Oscar Spinelli, rilevante i limiti della politica estera mussoliniana, che si rappresentava il mondo, col rischio d'infrangervisi, assai più domina­bile e maneggiabile di quanto potesse essere per un paese di media entità come l'Italia.
Questo senso del limite, discendente insieme dalla valutazione realistica delle possi­bilità italiane e da una visione morale dei rapporti internazionali, caratterizzò l'irredenti­smo del Ghisleri, che si saldava, in chiave europea, alla solidarietà con la Francia contro