Rassegna storica del Risorgimento

CARLO ALBERTO RE DI SARDEGNA LETTERE; CARTEGGI (CARLO ALBERTO-M
anno <1976>   pagina <397>
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Libri e periodici 397
sorgimento garibaldino e cafonesco nel Mezzogiorno, da Pisacane al brigantaggio, di cui soprattutto la monarchia rappresenta la negazione conculcatrice (ecco un altro spunto che collega FA. alla fortissima tradizione antisabauda pugliese, dai Francia e dai Pesce fino agli Ingusci, più che alle impostazioni tout court antiborghesi della moderna storiografia marxista).
Proprio Città S. Angelo, poi, con i suoi progressisti Coppa contrapposti ai De Blasiis, suggerirebbe rapprofondimento del filone grande proprietario ed aristocratico della Sinistra abruzzese, che nel Teramano è particolarmente fiorente (Patrizi ad Atri, Cernili a Giulia-nova, Aliprandi a Penne) ma che anche altrove è fiorentissima, fino a quel barone La Capra o a quel Marcinone che esclusero Silvio Spaventa dalla rappresentanza parlamentare abruzzese.
Ed ancora il clero liberale chietino, i processi per le insorgenze dell'ottobre 1860, il paternalismo pedagogico dei Dorrucci e dei Serafini nella conca peligna e nell'Alto Sangro come momento di transizione e di assimilazione all'indomani del Quarantotto, ottusamente mandato all'aria dalla stupida repressione borbonica, i moti di Penne del 1837 e l'opera spiegata in essi da un tipico vecchio capomassa assunto a responsabilità direttive come il colonnello Tanfano, la personalità complessa e sfuggente di Pasquale De Virgili nella cul­tura non meno che nella politica, e non soltanto nelle vicende teramane del '60, come del resto quella analoga e tanto diversa ad un tempo del sacerdote a tri ano Ariodante Mambelli, il significato non meramente esibizionistico e declamatorio dell'improvvisazione poetica di Giannina Milli, ecco soltanto alcuni degli spunti che il volumetto richiama alla memoria ed all'attenzione (ed ancora un nobile progressista vi appare di sfuggita, il Forcella a Loreto Aprutino).
A conclusione, una lettera dell'avvocato lancianese Domenico Acuiti, sia pure sul-sull'onda della pietà familiare, sottolinea un tema quanto mai opportuno, la ricerca ap­punto su una famiglia chietina prestigiosa come gli Auriti, da Francesco, l'autorevolissimo presidente di cassazione e senatore tanto spesso ricordato nel diario Farina e nelle cronache parlamentari, a Giacinto, il diplomatico che si trovò nell'occhio del ciclone a Vienna nella bufera dell'hitlerismo.
Auguriamoci che questa preziosa ed indispensabile lusinga di collaborazione da parte dei privati non sia fine a sé stessa, e che i numerosi e ricchissimi archivi abruzzesi non continuino a formare oggetto della più disinteressata quanto più funesta e sterile delle speculazioni, quella dei topi*
RAFFAELE COLAPIETRA
ERCOLE BONANNI, La guerra civile nell'Abruzzo teramano 1860-1861 San Gabriele di Te­ramo, Casa editrice Eco , 1974, in 8, pp. 201. L. 3.500.
La caratteristica fondamentale di quest'opera è, come avverte lo stesso A. nella pre­messa, la coscienziosa scrupolosità con cui sono stati ricostruiti i fatti riguardanti la guerra civile nell'Abruzzo teramano che va dal mese di settembre 1860 al mese di ago­sto 1861 e l'assedio di Civitella del Tronto. Si tratta di un episodio della nostra storia spesso trascurato dagli storici, episodio che ha pure una sua importanza per la dramma­ticità degli avvenimenti e perché la caduta di Civitella del Tronto segnò la definitiva scon­fitta dei Borboni di Napoli. L'A. segue gli avvenimenti ora per ora con molto scrupolo, fondandosi su documenti anche inediti come lettere, dispacci, ordinanze, reperiti spesso con fatica presso PUflìcio storico dello Stato Maggiore Esercito in Roma, l'Archivio Bor­bone a Napoli, l'Archivio di Stato di Teramo e archivi privati. Interessanti sono le descri­zioni delle lotte fra le più potenti famiglie locali per l'accaparramento delle cariche onori­fiche, alcuni episodi di brigantaggio e, soprattutto, è reso bene il clima di quasi anarchia diffusosi quando l'esercito piemontese stava per varcare la frontiera abruzzese. Di questo clima è esempio prezioso un telegramma di Bertoni a Tripodi, Comandante le Armi a S. Egidio, riportato dal Bonanni, il cui testo fu manipolato. Infatti esso diceva: ... se i Piemontesi volessero entrare dite loro che prima di permetterlo dovete chiedere istruzioni al Dittatore ; fu mutato in: ... se i Piemontesi volessero entrare accoglieteli a fucilate .