Rassegna storica del Risorgimento
CARLO ALBERTO RE DI SARDEGNA LETTERE; CARTEGGI (CARLO ALBERTO-M
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1976
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Libri e periodici
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cita di analisi ed esposizione di situazioni ed eventi. Purtroppo però la sua analisi e la sua esposizione è circoscritta all'evento immediato, e lascia in ombra profonda la scena bavarese e le forze che vi si muovono, la crisi politica e la crisi religiosa, motivazioni e cause.
VLADIMIRO SPERBEB
LUIGI DAL PANE, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana; Torino, Einaudi, 1975, in 8, pp. XV-509. L. 4.500.
È veramente rarissimo il caso di un'opera storica, e soprattutto di una biografia, con tutte le sfumature e le pignolerie che essa comporta, la quale, a quarant'anni esatti dalla sua prima apparizione, mantenga intatta non solo la sua freschezza di ricostruzione e suggestione d'ambiente ma anche ed in principal luogo il suo significato interpretativo ed il suo ruolo metodologico (si pensi, tanto per restare nell'ambito che ci concerne, a come si siano volatilizzati, sul piano critico, lo studio del Diambrini Palazzi, tanto, e così a ragione, maltrattato da Gramsci, o quello di Sergio Bruzzo, tanto evidentemente finalizzato ad una certa politica culturale crociana degli anni trenta, uno dei cui primi obiettivi era appunto la manipolazione, se non proprio la mistificazione, del Labriola in senso antimarxista).
Questo lavoro di Dal Pane rimane viceversa solidissimo ed attualissimo in proporzioni quasi incredibili dopo la messe, se non addirittura impressionante, senza dubbio più che rimarchevole d'indagini e di documentazione che nel secondo dopoguerra, a partire dalle benemerite fatiche del Berti, ha avvolto la personalità del filosofo di Cassino.
Un risultato tanto singolare si deve senza dubbio in larga parte così ai pregi di scrupolo, di finezza, di dottrina, dell'egregio A. come alla simpatia felicissima, dirò meglio all'appassionato e congeniale fervore ond'egli si è accostato all'oggetto della sua ricerca fin dai primordi romagnoli della sua milizia politica e scientifica. Questi elementi personali sarebbero peraltro troppo esteriori e farebbero torto allo stesso ruvido e severo realismo storiografico professato labriolanamente dall'A., e da lui sviluppato e difeso esemplarmente in discussione col Barbagallo, per soddisfare completamente.
Bisogna perciò dire senza mezzi termini che il merito dell'A. è in altrettanto ampia mistura condizionato e promosso dal demerito dei suoi continuatori e magari dei suoi avversari, in altre parole che la moderazione, il senso della continuità, l'indipendenza da pregiudizi ideologici e formule partitiche, di cui dà qui prova tenacissima l'A., l'hanno spuntata alla lunga sui diversi e più o meno autorevoli tentativi di forzatura o addirittura di camuffamento del ruolo del Labriola nella vita pubblica italiana di fine Ottocento assai latamente intesa.
11 più antico e prestigioso di questi tentativi, come s'è appena ricordato, è stato quello del Croce, ed è degno di nota che l'A. senta oggi il bisogno di prendere fermamente le distanze nei suoi confronti, tanto nella prefazione (che evoca opportunamente il significato sottilmente antimarxista di certa produzione culturale laterziana socialdemocratica degli anni trenta) quanto in un capitolo conclusivo appositamente aggiunto sul Labriola nella cultura italiana, che si distende a sottolineare da un lato l'influsso del filosofo sul marxismo di Mondolfo e sulla sociologia di Pareto, dall'altro la sua assenza in tutta la problematica gramsciana ordinovista (una questione aperta rimane quella dei rapporti con la storiografia economico-giuridica e specialmente con Volpe, al di là del qualche rischiaramento di cui quest'ultimo si riconosce in debito col Labriola nella prefazione del 1935, qui riprodotta).
Appunto quest'assenza, il salto, la frattura nella via regia del marxismo italiano, è ciò che la storiografia comunista ha rifiutato pertinacemente di ammettere fino ai recenti forse definitivi chiarimenti del Gerratana e di altri studiosi, insieme con quella tesi di un progressivo svolgimento del pensiero labriolano da Hegel a Marx attraverso Spaventa ed Herbart, sulla base costante di un realismo sostanzialmente storico, che l'A. mutua questa volta dal Croce, negando o quanto meno riducendo la portata rivoluzionaria e totalitaria della conversione di Labriola al socialismo.
Non staremo ora a discutere queste tesi largamente note e dibattute. Diremo soltanto