Rassegna storica del Risorgimento

FORTUNATO GIUSTINO; STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1976>   pagina <429>
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Giustino Fortunato storico del Risorgimento 429
Quello che interessa all'osservatore Fortunato dì questi fatti non è la con­sapevolezza che ila classe contadina ha o va cercando di conquistare colla sua attività produttiva, o la presenza che invece realizza nel quadro politico la borghesia; importante è invece lo scontro delle classi, la lotta fisica tra que­st'ultima, già matura e pronta al suo ruolo storico, e l'antagonista, mancante di omogeneità, di linearità di fini, presa, a questo livello pre-politico secondo Gramsci da un odio generico verso i privilegiati. Tutto questo non può essere portato come documento di coscienza di classe; ne è appena il primo barlume, è solo appunto la posizione negativa e polemica elementare .3,)
Di fronte ad un'opera classica sul Novantanove napoletano come quella del Croce, il contrasto è stridente. L'attenzione del filosofo è ovviamente pola­rizzata allo sviluppo delie idee politiche, sulla falsariga del Cuoco, mentre i fatti e la vita collettiva servono da semplice corteggio al dramma rappresentato, alla maniera del teatro romantico; con il re e la regina da un lato, un ammi­raglio che rappresenta le capacità intellettuali del nuovo secolo , ed un cardinale capo di bande dall'altro.32) Di contro Ila concezione etico-politica crociana, interessata agli eventi esclusivi della capitale, col Fortunato e dopo di lui, coi seguaci di quella che potremmo chiamare grosso modo la sua scuola storico-meridionalistica (Ciasca, Rodolico, Gaggese, Salvioli), seguiamo invece gli stessi eventi dalla parte della provincia. Ci troviamo così all'interno di questi abbandonati paesi lucani, dove i contadini, i bracciali, gli artieri, schiacciati da sempre dai soprusi dei borghesi locali, incapaci di vedere al di la del proprio comune, vivono la -loro rivolta di un giorno. A questo punto il discendente di una delle più grosse famiglie borghesi meridionali, esponente di primo piano del liberalismo conservatore raggiunge relativamente al mondo contadino l'espressione piena del suo populismo sentimentale. Il concetto che egli mostra del contadino è di natura idilliaca, è quello dei suoi massari di Gaudiano e Lavello, amati per la loro sottomissione innata, o per la sacralità del loro lavoro, lontani per ciò stesso dal campo politico o ancor più dall'altro, strettamente rivendicativo dei propri diritti. 3 Si tratterà sempre di un rapporto
31> A. GRAMSCI, Passato e presente, Torino, 1966, p. 14.
-32) Prima di arrivare alla edizione definitiva de La rivoluzione napoletana del 1799 del lontano '97, il Croce aveva pubblicato singolarmente i saggi su V. Russo, sulla Fonseca Pimentel ed altri. La sintesi in questione rimane segnata dalla concezione della storia nar­razione, come pure del momento strettamente erudito-archeologico, proprio di quegli anni, in derivazione dello scritto teoretico su La Storia ridotta sotto il concetto generale deWarte del marzo 1893 (F. CUABOD, Croce storico eit., pp. 187 sgg.). Cfr. anche G. GALASSO, Croce, Gramsci ed altri storici, Milano, 1969.
33> W. MATURI, Un maestro che se ne va: Michelangelo Schipa, in Nuova Rivista Sto­rica, a. XTII (1929), p. 493.
- Potrebbe citarsi, a tal proposito, come cifra di questo populismo letterariamente riuscito, la commemorazione dei soldati caduti nella guerra d'Africa del '96, i quali rico­noscevano mistificante la politica espansionistica coloniale che interessava esclusivamente le classi commerciali ed industriali dell'età crispina (su questi problemi di economia nazio­nale legati a quelli di ascesa delle diverse componenti borghesi, si veda E. SERENI, Capita­lismo e mercato nazionale in Italia, Roma, 19742, pp. 163 sgg.; Scritti varii cit., p. 291).
All'altro polo della stessa rappresentazione, con accenti genericamente positivisti, prò-