Rassegna storica del Risorgimento

FORTUNATO GIUSTINO; STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1976>   pagina <438>
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Luigi Parente
Canosa donchisciottesca rappresentazione della reazione italiana,62* s'aggiungeva da parte del Fortunato una visione meccanicistica della storia di un popolo intero, della quale generalizzazione ancora oggi si stenta a liberarsi sul piano di un serio lavoro critico.a) Peculiarità comune, però, sia al Croce che al For­tunato è il tentativo di superamento di quel corpo letterario che era la storia del Risorgimento, alimentata quasi esclusivamente dalle passioni dei vincitori o dalle recriminazioni dei vinti, e che rappresentava un'esigenza sentita da tutta la cultura italiana specialmente all'indomani della grande guerra. Senza lo spirito critico non rimaneva che Vaspetto poetico di essa per il filosofo napoletano, ma una volta sistemata criticamente non sarebbe risultata la storia edificante del Risorgimento, ma la più grande e varia, e non sempre adattabile all'edificazione, storia del mondo moderno .M)
La prima divergenza tra i due è nell'oggetto del campo di ricerca critica. Anziché badare alla circolarità della vita europea-età del Risorgimento propria della corrente liberale-crociana e che arriva fino all'Omodeo ed al Cortese, il sostenitore del collegio uninominale s'interessa al caso della nazione napole­tana nel periodo tra la riconquista del regno con Carlo HI e la fine di esso, legandosi in tal modo all'indirizzo autoctono del De Blasiis e dello Schipa65) ed entro queste coordinate darà vita alla sua storia domestica. Ed il merito di questa dinastia diventava per lui l' aver salvaguardato per un secolo intero, il Mezzogiorno d'Italia dalle mire aggressive delle due grandi potenze rivali, Francia e Inghilterra, succedute alla Spagna su lo scorcio del Settecento, nella egemonia assoluta del Mediterraneo . Con ima simile constatazione d'auto­nomia politica, per la verità polemicamente forzata se si dimenticava proprio la prima nazione che nel corso dell'Ottocento aveva costantemente influenzato la politica napoletana, era semplice ritrovarsi poi nella schiera dei cosiddetti autonomisti neo-guelfi, e questa discriminante segna il distacco pieno dalla vi­sione storica del Croce.67*
In una lettera al Maturi, che gli chiedeva informazioni del personaggio-Canosa su cui stava lavorando, il Fortunato esprimeva molto chiaramente il suo pensiero sul passato regime borbonico: Ma non altri crede più di me, fondatis­simamente, che fu e rimane falso rutto l'enorme cumolo di calunnie piovute sii Borboni, i quali non furono niente di meno, neppure niente di più dei loro
62) B. CROCE, Il prìncipe di Canosa, in Uomini e cose della veccìda Italia, Bari, 1917, pp. 228-252.
6ìì Espressione ultima di questa degenerazione è la categoria storiografica di napole­tanità concettualizzata di recente ad opera di A. GIURELLI {Storia di Napoli, Torino, 1973, particolarmente la Conclusione). Con detta componente s'identifica l'alienazione individuale e la disgregazione politica di una intera società, sulla base di un sociologismo prettamente positivista che rivela in sostanza una forma arretrata d'indagine del problema Napoli, a metà strada tra l'esistenziale ed il letterario.
<*> B. CROCE, in La crìtica, a. XV (1917), p. 134.
) Cfr. M. L. SALVADOR?, Walter Maturi, in Nuova rivista storica, 1967, ora in Gramsci e il problema storico della democrazia, Torino, 1970, p. 285.
W G. FORTUNATO, Appunti cit.., p. XX.
6?) Si veda per la liquidazione critica di questo gruppo politico VIntroduzione alla Storia del regno di Napoli del Croce, il quale si rivolge espressamente all'opera del Cenni, ed alla relativa tesi del primato civile-amministrativo del regno meridionale.