Rassegna storica del Risorgimento
CONCORDATO DEL LATERANO 1929; ROSI MICHELE
anno
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1976
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pagina
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462
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MICHELE ROSI E I PATTI LATERANENSI
Sono passati più di quarant'anni, ma Fece della voce angosciata dell'antica collega di Palazzo Carpegna che mi gridava al telefono: È morto Michele Rosi! ridesta ancora in me l'amarezza di quella tarda sera del 23 gennaio 1934 in cui sentii che, dopo la morte di mio padre, quello era il dolore che mi colpiva più profondamente. Perché con la scomparsa del vecchio nobile Maestro si chiudeva un'epoca della mia vita ed io perdevo l'altra guida dalla quale non avevo attinto soltanto lezioni di metodo e incitamenti al lavoro.
Che il suo insegnamento fosse diverso da quello di tanti docenti che erano rimasti soltanto professori avevano compreso non solo studenti della nostra Facoltà, ma moltissimi di altre, persino un allievo di secondo anno di Liceo, il figlio di Giovanni Amendola, che ne seguiva le lezioni e ne leggeva il testo che gli sembrava rompere il velo rettorico che gli nascondeva il reale svolgimento nel nostro Risorgimento . Di Rosi ho parlato altre volte e mi riservo di rievocarne momenti della carriera universitaria e le amarezze che furono inflitte, per ragioni che non avevano nulla in comune con la scienza, a chi, colpito da paralisi infantile, da cui non seppe consolarsi mai , come mi scriveva una sua sorella, riuscì a trionfarne con la sua forte fibra e con la sua ferrea volontà . Servirà a far meglio conoscere la validità della sua lezione non soltanto di storico. 2)
H pronipote del sacerdote patriota Martino Rosi (1808-1884) aveva ricevuto in casa validi esempi di amor di patria, di generosità e di fedeltà al dovere. Decaduta la famiglia dalla modesta agiatezza d'un tempo, anche per il compito assuntosi dal padre di aiutare lo zio Martino, che trascorse infelicemente gli ultimi suoi anni fra guai fisici ed economici. Michele non ebbe facile né lieta la vita. Un fratello era morto ad Adua, un altro cadde in Albania durante la prima guerra mondiale, una sorella fattasi suora fu colta da malattia mortale assistendo i feriti. Il primogenito dirà di sé più tardi , unico superstite,
*> GIORGIO AMENDOLA, Una scelta di ito, Milano, Rizzoli, 1976, pp. 94-95. La sua frequenza alle lezioni del Rosi fu segnalata al ministro della Pubblica Istruzione dal Rettore Giorgio Del Vecchio, quello che aveva inflitto la a censura a Giorgio Levi della Vida perché non era andato alla cerimonia di riapertura della Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza. Si riferisce a questo episodio il secondo Giorgio, che nei suoi Fantasmi ritrovati (Venezia, Neri Pozza editore, 1966, p. 232), lo definiva a ardente nazionalista e fascista, e per giunta uno dei più pericolosi, perché la sua fede era di un candore immacolato e di un disinteresse assoluto . Qualcuno ricorda ancora che sopra la poltrona del Rettore faceva bella mostra non un'immagine sacra, et pour cause, ma il fazzoletto che aveva asciugato il sangue sgorgato dal naso del Duce in seguito all'attentato capitolino della Gibson (7 aprile 1926).
2) Ved. A. M. GHISALBERTI, Prefazione a M. Rosi, Dizionario del Risorgimento nazionale, voi. IV, Milano, F. Vallardi, 1937, pp. v-xi; id., Michele Rosi, Lucca, Comitato provinciale lucchese per le celebrazioni del centenario dell'Unità d'Italia, 1961 [la seconda parte Cronologia e Bibliografia è dovuta al devoto affetto del nipote Carlo Gabrielli Rosi], ora in Maestri e compagni di strada, Città di Castello, Tiferno Grafica, 1972, pp. 81-93 (ed. fuori commercio).