Rassegna storica del Risorgimento
ISTITUTO MAZZINIANO DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI; PARETO LORENZ
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1976
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Libri e periodici
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la riluttanza nei far applicare le nuove imposte e persino nel garantire l'ordinaria esazione fiscale.
Si tratta indubbiamente di limiti gravissimi, quello sfasciamento delle finanze , quella disorganizzazione di tutte le percezioni , che autorevolmente e ripetutamente venivano stigmatizzati da Gian Battista Rossi, mentre l'argomento del porto franco s'impantanava in una sterilità bizantina. Ove a ciò s'aggiungano il ritorno ad un fiscalismo impopolare, come nel caso della gabella sul sale, il crollo del commercio determinato nell'ottobre 1798 dalla dichiarazione di guerra inglese, l'incidenza del 60 delle spese militari sul complesso del bilancio della repubblica, si comprenderà come già assai prima della crisi di fine secolo e delle vicende disastrose dell'assedio le basi di quest'ultima fossero irreparabilmente minate.
Finanziamento degli enti locali, riforma del sistema amministrativo, vendita dei beni nazionali (ma con una centralizzazione che ne spostava sul piano meramente finanziario 1 eventuale incidenza sociale), imposta territoriale, persino l'apparentemente clamorosa imposta personale progressiva del maggio 1799 in grado finalmente di percuotere addirittura gli intangibili redditi di portafoglio della grande finanza genovese (ed il valore di principio d'un provvedimento del genere non è da sottovalutarsi), tutto ciò non era che qualcosa di formalistico e di esteriore rispetto all'inquietudine dei negozianti ed alla combattività del clero nei cui confronti la dirigenza democratica si sgretolava, Rossi e Corvetto si ritiravano dagli affari, finché nel dicembre 1799 Championnet non avrebbe imposto con la forza una soluzione di adeguamento totalitario a quella francese di brumaio, con i moderati, alla testa appunto il Corvetto, saldamente al controllo della situazione, preambolo per una fagocitazione ormai improcrastinabile.
Le folgori dell'A. contro la politica di rapina francese nei confronti di un'economia tradizionalmente immobilizzata all'estero, senza copertura fondiaria e con un commercio estremamente precario, appaiono in conclusione quasi ovvie, ma forse a questo punto ci si dovrebbe ricordare di quanto l'A. ha dovuto lasciar fuori, in primo luogo quel forte spirito nazionale ed unitario del tardo giacobinismo che cercò di darsi da Genova democratica un respiro nazionale, che resistette a lungo, e sia pure demagogicamente, alla pressione moderata, e che rappresenta in ultima analisi il frutto più vitale e soprattutto fecondo del triennio rivoluzionario.
RAFFAELE COLAPIETRA
Project du Code Civil de la République Romuine (1798), edito con una introduzione da F. RANIERI; Frankfurt am Mein, Klostermann, 1976, in 8, pp. 114. S.p.
Il ritrovamento di questo Projet du Code Civil de la République Romaine , rappresenta un'occasione di studio e approfondimento della vita legislativa dell'effimera Repubblica giacobina romana del 1798, finora, al pari di quella delle altre repubbliche del triennio rivoluzionario, trascurata dagli storici, presi prevalentemente dall'analisi dei fatti politila che vi si svolsero. È noto, peraltro, che in quel periodo mancarono tentativi di una più generale codificazione del diritto privato in Italia. Le notizie che caratterizzano il contesto storico-politico di questo progetto riguardano l'autore, P. C. Francois Daunou, la data di redazione del progetto, 1798, la legislazione privatistica progettata dai legislatori romani su ispirazione dei commissari civili, tra cui il Daunou, inviati dal Direttorio, e la stretta dipendenza dal Projet de Code Civil presentato nel 1796 dal Cambacérès al Consiglio dei Cinquecento. Le funzioni dei commissari consistevano nell'organizzare, in forma assai discreta e non ufficiale, un governo provvisorio a Roma, preparare un testo costituzionale e in generale dirigere tutta l'attività legislativa della giovanissima repubblica, per vedervi affermate le nuove leggi rivoluzionarie, come era già avvenuto in altre zone della penisola. La figura pm importante, vero capo della commissione, era appunto il Daunou, studioso e professore di discipline umanistiche, che nell"89 adori alla Rivoluzione e nel '92 fu eletto deputato, di parte moderata, alla Convenzione. Lo stesso Daunon fu uno dei principali redattori della Costituzione dell'anno IH e, in seguito, di quella dell'anno Vili, nonché il primo presidente del Consiglio dei Cinquecento.